22 Novembre 2024 14:39
Gratteri e la Fondazione Magna Grecia e ViaCondotti21 con il Gruppo Pubbliemme, Diemmecom, LaC Network e l’Università LUISS.
Tutti assieme per analizzare come le mafie si presentano, fanno “marketing” sui social, in una frase: creano la loro base di consenso.
Cosa vuol dire essere sui social, il rapporto coi boss.
“Le mafie ai tempi dei social” e il direttore editoriale di LaC Network Alessandro Russo e con Paola Bottero, direttore strategico del Gruppo Pubbliemme\Diemmecom e del network.
I principali attori dell’antimafia quella vera a partire da Gratteri, e anche Piernicola Silvis oltre a Antonio Nicaso.
Ha partecipato al dibattito Marcello Ravveduto, Manuela Bertone, Emiliano Morreale, Luigi Sabino, Cesare Giuzzi, Antonello Colosimo, ll Generale Pasquale Angelosanto.
L’intervento di Gratteri (adn-kronos)
“Le mafie oggi sono mimetizzate nel tessuto sociale ed economico – ha detto Gratteri – ma la mafia non esisterebbe se non avesse l’appoggio delle classi dirigenti, sarebbe criminalità comune.
Invece le mafie hanno bisogno del territorio e del consenso popolare.
Oggi un boss è un imprenditore e come tale ha il suo marketing, ha bisogno di pubblicità. È così che la ‘Ndrangheta comanda in Calabria e oggi si è presa un quarto di Milano”.
Lo scrittore ed ex Questore Piernicola Silvis sui boss
“Gli affari della ‘Ndrangheta sono al Nord” e aggiunge pure:
Oggi le seconde e terze generazioni delle famiglie della ‘Ndrangheta calabrese sono manager che hanno studiato alla Bocconi.
Chi dice che le mafie non esistono più perché non ammazzano nessuno non capisce che così sono anche più pericolose. Non ammazzano perché non ne hanno neanche bisogno”.
Il professore della Queen’s University Antonio Nicaso, scrittore e storico delle mafie:
“Alle organizzazioni criminali basta cercare una famiglia su Google per sapere cosa ha fatto. La violenza si usa solo in caso di necessità, i metodi per controllare il territorio in Italia sono altri.
Senza il concorso esterno di apparati dello Stato non c’è mafia. Pensiamo ai Narcos, hanno canali YouTube dove pubblicano anche le decapitazioni degli oppositori.
Frenano sul nascere i tentativi delle forze dell’ordine di contrastarli, perché è chiara la loro superiorità militare“.
Marcello Ravveduto, professore dell’Università di Salerno:
“Le mafie sono un brand e i social sono il loro nuovo strumento di propaganda” e cita Twitter, Tik Tok; facebook e la musica Rap.
Manuela Bertone, docente dell’Universitè Côte d’Azur di Nizza sui boss:
“I mafiosi sono da sempre interessati alla narrazione – ha detto Salvo Palazzolo di Repubblica – Non è un caso che il primo delitto eccellente a Palermo sia stato quello di un giornalista.
È l’unica antimafia che dà fastidio ai boss. Quella che sta sul territorio».
Manuela Bertone, docente dell’Universitè Côte d’Azur di Nizza:
“I mafiosi sono da sempre interessati alla narrazione – ha detto Salvo Palazzolo di Repubblica – Non è un caso che il primo delitto eccellente a Palermo sia stato quello di un giornalista. È l’unica antimafia che dà fastidio ai boss. Quella che sta sul territorio».
Luigi Sabino, giornalista del Mattino:
“La ricchezza deve essere ostentata e il canale preferito dei giovani camorristi è Tik Tok, dove spopolano i video commemorativi per i morti ammazzati. La Camorra ovvia così al divieto dei funerali pubblici. I funerali dei boss si fanno su Tik Tok”.
Antonello Colosimo, già vice Alto Commissario Vicario per la lotta alla contraffazione
ha parlato di come i reati di contraffazione si siano trasferiti sui social:
“Nel 2020 il giro d’affari della contraffazione in Italia ha sforato i 6 miliardi e il 70% del mercato è su WhatsApp e WeChat. Lì c’è il primo contatto, poi si paga in bitcoin.
Molti non sanno che la quota maggiore sulle vendite va ad associazioni terroristiche come Al Qaeda”.
il Generale Pasquale Angelosanto, Comandante dei Carabinieri del ROS, che ha raccontato di esponenti del clan degli Scissionisti di Secondigliano catturati grazie alle loro attività su Facebook;
il Comandante SCICO della Guardia di Finanza Alessandro Barbera, che ha detto che le mafie si sono mimetizzate, sono silenti e opache ma affatto sparite (“Ci sono. E noi lo dobbiamo gridare forte”) e il Prefetto Francesco Messina, Direttore Anticrimine della Polizia di Stato:
“Bisogna attaccare i patrimoni. Se togli i soldi alle mafie non pagano più avvocati né stipendi. Così muoiono”.
Nino Foti, Presidente della fondazione Magna Grecia:
“Bisogna ricostruire un nuovo civismo, nessun governo ha investito sull’educazione a essere cittadini. Il PNRR ha portato in Italia fiumi di denaro, che però non arriva sui territori.
La società civile è divisa, non è organizzata, al contrario della criminalità che così prende il sopravvento. Per sconfiggere le mafie dobbiamo unire il controllo del territorio con la formazione. Facciamo ancora il tempo, questa è la missione della Fondazione Magna Grecia”.
Una marea di interventi di alto livello e spessore con un’analisi preoccupante: la strategia del potere oltre che economico anche mediatico e di costruzione del consenso.