21 Novembre 2024 13:57
DIA e Guardia di Finanza ieri hanno effettuato 12 arresti nell’ambito della Operazione Planning a Reggio Calabria
Operazione Planning a Reggio Calabria
Gli arrestati nel corso dell’Operazione Planning a Reggio Calabria sono indiziati di associazione mafiosa, concorso esterno, associazione per delinquere, antiriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori…
I militari hanno inoltre sequestrato, in Italia e all’estero, beni per oltre 32 milioni di euro.
L’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria ha emesso l’ordinanza nei confronti di 12 persone di cui otto in carcere e quattro agli arresti domiciliari.
La Direzione Investigativa Antimafia e i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, coordinati dalla locale Procura della Repubblica hanno eseguito l’ordinanza.
Gli arrestati sono gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, associazione per delinquere, impiego di denaro di provenienza illecita, auto riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, tutti comunque aggravati dalle modalità mafiose.
I sequestri
Inoltre i militari hanno contestualmente eseguito una serie di sequestri preventivi in Lombardia, Abruzzo, Lazio e Calabria.
Il sequestro riguarda 27 imprese, di cui una con sede legale in Slovenia ed una in Romania, 31 unità immobiliari, quote societarie e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 32 milioni di Euro.
I militari hanno eseguito l’operazione al termine di un’articolata indagine condotta dalla D.I.A. e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria.
L’indagine ha consentito di scoprire l’esistenza di cointeressenze economiche tra alcuni imprenditori e cosche di ‘ndrangheta della città di Reggio Calabria.
In particolare sarebbe emersa l’esistenza di un’associazione a delinquere tra imprenditori attivi nel settore edile e della grande distribuzione alimentare e famiglie mafiose.
Gli imprenditori, alcuni dei quali già coinvolti in indagini penali o destinatari di misure di prevenzione, avrebbero stretto accordi con famiglie di ‘ndrangheta.
Imprese fittizie
Di conseguenza avrebbero agevolato l’infiltrazione della consorteria in quei settori con la compartecipazione occulta di loro esponenti alle iniziative economiche.
La cosa veniva gestita ed organizzata con imprese fittiziamente intestate a terzi e l’affidamento di numerosi servizi e forniture a imprenditori espressione dell’associazione criminale.
Una parte dei profitti generati sarebbe stata successivamente trasferita in maniera occulta.
Ciò avveniva attraverso fittizie operazioni commerciali e fittizi rapporti giuridici, al fine di dirottare la liquidità verso i titolari effettivi delle operazioni economiche.
Le cosche di ‘ndrangheta beneficiavano dei proventi e ostacolavano le indagini, eludendo l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali e consentendone l’impiego e l’auto riciclaggio.
Le cosche, inoltre, avrebbero agevolato l’espansione delle iniziative imprenditoriali sul territorio, a discapito dei concorrenti, tutelando gli interessi anche con intimidazioni.
Due anni di indagini
Le indagini sono durate due anni e hanno avuto ad oggetto illeciti commessi dal 2011 al 2021.
L’attività è stata integrata e riscontrata da plurime e convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia formatesi autonomamente e in tempi diversi.
Peraltro, le investigazioni avrebbero consentito di svelare ulteriori ipotesi di impiego di denaro o beni o utilità di provenienza illecita e auto riciclaggio.
Tali attività coinvolgerebbero la provincia di Pescara, ove alcuni indagati avrebbero investito nell’avviamento e nella gestione di due supermercati.
Nello specifico, gli imprenditori reggini coinvolti nell’iniziativa pescarese sarebbero accomunati dai rapporti di solidarietà criminale con la cosca De Stefano.
Ma questo fatto non sarebbe l’unica collusione con la ‘ndrangheta reggina, perché la gran parte di loro vanterebbe anche ulteriori rapporti criminali con altre cosche.