Eritrea, Dawit, in carcere da 23 anni, non se ne parla

Il silenzio dietro le sbarre: la storia di un giornalista eritreo e l’importanza di denunciare in Eritrea.

Eritrea, la figlia di Dawit, Betlem non perde la speranza.

I casi di giornalisti perseguitati sono tanti e non solo in Eritrea, secondo DIRE:

” l’organizzazione l’organizzazione Reporters sans frontiers  (Rsf) ha sottolineato che la regione più pericolosa al mondo per i cronisti è la Palestina, nel mirino dei raid di Israele: almeno 154 i reporter assassinati dal 7 ottobre 2023″.

Betlehem, una giovane donna di 31 anni che vive in Svezia, porta con sé il peso di un’assenza: quella di suo padre, giornalista eritreo, imprigionato nel suo paese d’origine. La sua storia è un grido silenzioso che echeggia tra le mura di una prigione, un monito sull’importanza di dare voce a chi non ne ha.

Un’eredità pesante

La vita di Betlehem è segnata dalla fuga dall’Eritrea, un paese dove la libertà di stampa è soffocata e dove i giornalisti sono spesso perseguitati. La sua famiglia è stata costretta a lasciare tutto per sfuggire alla repressione del regime, portandosi dietro il dolore della separazione e l’angoscia per il destino del padre.

Un appello silenzioso

“Sappiamo solo che è vivo”, dice Betlehem, la voce tremante. Nonostante i tentativi di avere notizie più precise, la famiglia è costretta a vivere nel limbo, aggrappata a una speranza flebile. “Speriamo che lo trattino bene”, aggiunge, mentre nei suoi occhi si legge una profonda tristezza.

La forza della solidarietà

Fortunatamente, la storia di Betlehem non è passata inosservata. La stampa svedese ha dedicato ampio spazio al caso, contribuendo a tenere viva l’attenzione sull’arbitrarietà delle detenzioni in Eritrea. Inoltre, l’assegnazione del premio-riconoscimento della Fondazione Edelstam ha dato una risonanza internazionale alla vicenda, mobilitando l’opinione pubblica e mettendo sotto pressione il regime eritreo.

L’importanza di denunciare

Il caso del padre di Betlehem è solo uno dei tanti esempi di violazioni dei diritti umani commesse in Eritrea. Migliaia di persone sono imprigionate senza processo, torturate e costrette al lavoro forzato. Denunciare queste atrocità è fondamentale per far sì che i responsabili siano chiamati a rispondere delle proprie azioni e per garantire giustizia alle vittime.

La battaglia per la libertà di stampa

La libertà di stampa è un pilastro fondamentale di ogni democrazia. In paesi come l’Eritrea, dove la censura è la regola e i giornalisti sono perseguitati, questo diritto fondamentale è calpestato in modo sistematico. È nostro dovere sostenere i giornalisti che lavorano in condizioni difficili e denunciare le violazioni della libertà di espressione.

Cosa possiamo fare?

Ognuno di noi può contribuire a fare la differenza. Possiamo:

  • Diffondere le informazioni: Condividere le storie di giornalisti perseguitati sui social media e parlare con amici e familiari.
  • Sostenere le organizzazioni che difendono i diritti umani: Donare denaro o diventare volontari di organizzazioni che lavorano per proteggere i giornalisti e le vittime di violazioni dei diritti umani.
  • Scrivere ai nostri rappresentanti politici: Chiedere ai nostri governi di esercitare pressioni sui regimi autoritari per garantire il rispetto dei diritti umani.
  • Boicottare i prodotti provenienti da paesi che violano i diritti umani: In questo modo possiamo inviare un segnale chiaro ai governi responsabili di queste atrocità.

Conclusioni

La storia di Betlehem e di suo padre è un monito per tutti noi. Non possiamo permettere che l’indifferenza prevalga. Dobbiamo continuare a lottare per un mondo più giusto e libero, dove ogni persona possa esprimere le proprie opinioni senza paura di ritorsioni.

Parole chiave: Eritrea, giornalisti, prigionieri, libertà di stampa, diritti umani, violazioni, solidarietà, denuncia

Condividi sui social