16 Maggio 2025 17:09
Festa delle Pupazze di Bova, un evento tradizionale che si ripete con molta partecipazione e consenso
Ogni anno a Bova, in Calabria, la Domenica delle Palme si celebra un rito speciale. È la Festa delle Pupazze, un evento che affonda le radici in tempi antichissimi. Le sue origini ci portano indietro alla mitologia greca. Ci conducono ai misteri eleusini, riti segreti dell’antica Grecia. Questa festa unisce in modo unico il passato pagano e la tradizione cristiana.
I misteri eleusini erano cerimonie religiose molto importanti. Si tenevano ogni anno a Eleusi, vicino Atene. Erano dedicati alla dea Demetra e a sua figlia Persefone. La Festa delle Pupazze di Bova sembra discendere direttamente da questi culti arcaici. È un filo sottile che lega il presente della Calabria grecanica al suo passato magnogreco. Un legame che resiste al tempo.

Questa celebrazione, nota anche come Festa delle Persephoni, richiama direttamente il mito. Il culto di Demetra e Persefone era diffuso nel mondo greco antico, celebrato fin da Micene. Quando Eleusi entrò nell’orbita di Atene nel VII secolo a.C., i riti si diffusero. Arrivarono nelle colonie greche, inclusa l’area di Bova. Qui la Festa delle Pupazze è ancora oggi un evento vivissimo e profondamente sentito dalla comunità locale.
Il Mito di Demetra e Persefone: Il Cuore della Festa

Per capire la Festa delle Pupazze, dobbiamo conoscere il mito. La storia di Demetra e Persefone è fondamentale nella mitologia greca. Persefone era la giovane e bellissima figlia di Demetra, dea del grano e dell’agricoltura. Un giorno, mentre raccoglieva fiori, la terra si aprì. Ade, dio degli Inferi, la rapì per farla sua regina.
Demetra, sconvolta dal dolore, iniziò una ricerca disperata. La sua angoscia era tale che la terra divenne sterile. Le piante smisero di crescere. L’umanità rischiò di morire di fame. Demetra, vagando, arrivò a Eleusi. Qui, sotto mentite spoglie, fu accolta con rispetto. In cambio, insegnò agli uomini i segreti dell’agricoltura. Fondò anche i Misteri Eleusini in onore della figlia scomparsa.
Alla fine, Zeus, padre degli dei, dovette intervenire. Ordinò ad Ade di liberare Persefone. Ade acconsentì, ma usò uno stratagemma. Fece mangiare a Persefone alcuni chicchi di melograno infernale. Questo cibo la legò indissolubilmente al regno dei morti. Si trovò un compromesso. Persefone avrebbe passato una parte dell’anno sulla terra con la madre. L’altra parte l’avrebbe trascorsa negli Inferi con Ade.
Questo mito spiega l’alternarsi delle stagioni. Quando Persefone è con Demetra, la natura è rigogliosa (primavera ed estate). Quando scende negli Inferi, Demetra si rattrista e la terra si riposa (autunno e inverno). I misteri eleusini celebravano questo ciclo eterno di morte e rinascita. Offrivano agli iniziati la speranza di una vita migliore dopo la morte.
I Misteri Eleusini: Riti Segreti dell’Antichità
I misteri eleusini erano tra i riti più sacri e rispettati del mondo antico. Si svolgevano in due fasi: i Piccoli Misteri in primavera e i Grandi Misteri in autunno. Erano aperti a quasi tutti: uomini, donne, schiavi. Bastava parlare greco e non aver commesso crimini di sangue. L’apice era raggiunto durante le cerimonie segrete nel santuario di Eleusi. Il contenuto esatto di questi riti rimane avvolto nel mistero. Gli iniziati erano vincolati da un giuramento di segretezza assoluta.
Si pensa che i rituali comprendessero purificazioni con acqua. Lunghe processioni da Atene a Eleusi. Rappresentazioni drammatiche del mito di Demetra e Persefone. Forse anche l’assunzione di una bevanda sacra, il ciceone, che poteva indurre stati alterati di coscienza. Lo scopo era far sperimentare agli iniziati il ciclo cosmico. Far comprendere la connessione tra vita, morte e rinascita. Offrire una promessa di salvezza individuale.
Con l’espansione della cultura greca, questi culti si diffusero. La colonizzazione portò le tradizioni greche nel Sud Italia, la Magna Grecia. Elementi dei misteri e del culto di Demetra e Persefone attecchirono in queste nuove terre. Trovarono comunità che mantenevano forti legami culturali e religiosi con la Grecia. Bova, con la sua storia millenaria e la sua lingua grecanica, è un esempio emblematico di questa continuità.
Bova: Scrigno di Cultura Grecanica
Bova occupa una posizione suggestiva. È un borgo antico arroccato sull’Aspromonte orientale. Da lassù, lo sguardo spazia sulla costa ionica della Calabria. Bova è il cuore pulsante della Bovesia. L’area dove ancora si parla il Grecanico. Una lingua affascinante, diretta discendente del greco antico e bizantino.
Questa forte identità ellenofona ha agito da scudo protettivo. Ha permesso la conservazione di usi, costumi e tradizioni uniche. Tradizioni che altrove sono scomparse da secoli. La Festa delle Pupazze è forse il gioiello più prezioso di questo patrimonio immateriale. È la prova tangibile di come un rito pagano sia sopravvissuto attraverso i millenni.
Il rito si è adattato ai cambiamenti storici e religiosi. Si è intrecciato con la fede cristiana. Ma ha conservato intatta la sua anima antica. La sua connessione profonda con la terra, con i cicli della natura, con il mito. La comunità di Bova vive questa festa con grande partecipazione emotiva. È un momento fondamentale per riaffermare la propria specificità culturale.
Le Pupazze: Creazione e Simbolismo
Le Pupazze sono le protagoniste della festa. Sono figure femminili stilizzate. Vengono realizzate a mano con grande cura e abilità. I materiali usati sono semplici, naturali, provenienti dalla terra locale. L’elemento principale sono le foglie giovani e flessibili dell’ulivo selvatico. Queste foglie vengono sapientemente intrecciate attorno a una struttura di canne.
Il risultato sono figure dalla forma quasi arcaica. Ricordano le antiche statuette votive trovate negli scavi archeologici. Una volta creata la struttura, le Pupazze vengono decorate. Si usano fiori di campo freschi e colorati. Nastri variopinti. A volte piccole spighe di grano o altri elementi vegetali. Ogni dettaglio ha un suo perché, un suo significato simbolico.
L’ulivo è simbolo di pace, ma anche di resistenza e rinascita. I fiori rappresentano la bellezza effimera della primavera. Le spighe augurano abbondanza e fertilità. La Pupazza nel suo insieme incarna Persefone che riemerge dagli Inferi. Simboleggia la primavera che trionfa sull’inverno. La vita che sconfigge la morte. È un potente simbolo di rigenerazione e un augurio di prosperità.
La preparazione delle Pupazze è un rito collettivo. Inizia con largo anticipo rispetto alla Domenica delle Palme. Le famiglie, i vicini, gli amici si riuniscono. Lavorano insieme, intrecciando le foglie, scegliendo i fiori. È un momento di socialità intensa. Gli anziani insegnano ai giovani le tecniche. Si raccontano storie, si rafforzano i legami. È la comunità che si prepara insieme a celebrare la propria identità.
La Domenica delle Palme: Il Rito si Compie
La festa raggiunge il suo apice la Domenica delle Palme. Questa giornata è già carica di significato nel calendario cristiano. Commemora l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, accolto dalla folla con rami di palma. Simbolo di trionfo e di pace.
A Bova, questo significato cristiano si fonde mirabilmente con quello ancestrale delle Pupazze. La mattina della domenica, i fedeli si preparano per andare in chiesa. Portano con sé i tradizionali rami d’ulivo o di palma da far benedire. Ma portano anche le loro Pupazze, completate e decorate.
Si forma una processione unica e suggestiva. Le Pupazze spiccano tra la folla. Tenute in alto, ondeggiano accanto ai rami d’ulivo. Creano un colpo d’occhio straordinario. Un intreccio visivo di simboli cristiani e pre-cristiani. La processione si dirige verso la chiesa. Le Pupazze entrano nel luogo sacro insieme ai fedeli.
Qui avviene il momento culminante del sincretismo. Il sacerdote celebra la messa della Domenica delle Palme. Benedice i rami d’ulivo e di palma, come da tradizione. Ma benedice anche le Pupazze. Le riconosce come parte integrante della devozione popolare locale. Non c’è contrapposizione, ma accoglienza e integrazione.
La Pupazza, simbolo della rinascita della natura legata a Persefone, viene accostata al Cristo. La cui resurrezione, celebrata la settimana successiva a Pasqua, è la rinascita spirituale per eccellenza. Entrambi i simboli parlano di vittoria della vita sulla morte. Di speranza in un nuovo ciclo.
Dopo la messa, le Pupazze benedette vengono riportate a casa. Non vengono gettate via. Diventano oggetti sacri, carichi di potere benefico. Vengono conservate con cura per tutto l’anno. Appese alle pareti o poste in un angolo speciale della casa. Si crede che proteggano la famiglia dalle malattie e dalle sfortune. Che assicurino fertilità ai campi e prosperità economica. Sono talismani che collegano la casa al ritmo sacro dell’anno.
Significati Attuali di un Rito Antico
La Festa delle Pupazze di Bova è un concentrato di significati. Parla del tempo ciclico, dell’eterno ritorno delle stagioni. Celebra la potenza della natura, la sua capacità di rigenerarsi dopo il sonno invernale. È un inno alla vita che resiste e rifiorisce sempre.
Dimostra anche la straordinaria capacità delle culture di adattarsi e trasformarsi. Il rito pagano non è stato cancellato. È stato riletto alla luce della nuova fede. Integrato in un sistema di credenze più ampio. Questo fenomeno, chiamato sincretismo religioso, è visibile in molte parti del mondo. Ma a Bova si manifesta con una chiarezza e una continuità eccezionali.
Per la comunità di Bova, questa festa è molto più di un evento folcloristico. È un pilastro della loro identità grecanica. Un modo per sentirsi parte di una storia lunga e profonda. Un’occasione per stare insieme, per rinsaldare i legami sociali. Per trasmettere alle nuove generazioni un patrimonio culturale unico.
Nel mondo contemporaneo, spesso dominato dall’omologazione, la Festa delle Pupazze è una boccata d’aria fresca. Ci ricorda il valore della diversità culturale. Ci svela la ricchezza storica nascosta nelle tradizioni popolari. Ci invita a riflettere sul nostro legame con la terra, con le stagioni, con il sacro.
La Sfida della Conservazione
Come tutte le tradizioni popolari, anche la Festa delle Pupazze affronta delle sfide. Lo spopolamento delle aree interne della Calabria è una minaccia reale. I giovani spesso si trasferiscono altrove per studio o lavoro. I cambiamenti negli stili di vita possono portare a un disinteresse verso le pratiche tradizionali. La trasmissione del sapere artigianale legato alla creazione delle Pupazze rischia di interrompersi.
Fortunatamente, c’è una crescente consapevolezza del valore di questo patrimonio. La comunità locale, le associazioni culturali, le istituzioni si stanno impegnando per la sua salvaguardia. Si organizzano laboratori per insegnare ai giovani come intrecciare le foglie d’ulivo. Si promuove la festa come attrazione turistica, cercando un equilibrio. Un turismo rispettoso, che non trasformi il rito in una semplice messinscena.
Si lavora per approfondire lo studio storico e antropologico della festa. Per documentarla e diffonderne la conoscenza. Riconoscere ufficialmente la Festa delle Pupazze come patrimonio culturale immateriale sarebbe un passo importante. Aiuterebbe a garantirne la tutela e la valorizzazione a lungo termine.
Conclusione: un Tesoro Vivente nel Cuore della Calabria
La Festa delle Pupazze di Bova è molto più di una curiosità locale. È un tesoro vivente. Un rito che collega il presente a un passato mitico. Che intreccia la fede cristiana con echi pagani millenari. Che celebra la rinascita della natura e dello spirito. È un esempio straordinario di resilienza culturale.
Vedere le Pupazze sfilare tra i rami d’ulivo nella piccola Bova è un’esperienza emozionante. È come assistere a un dialogo silenzioso tra epoche diverse. Tra Demetra e la Madonna, tra Persefone e Cristo. È la testimonianza della profonda spiritualità del Mediterraneo. Una spiritualità legata alla terra, al ciclo delle stagioni, al mistero della vita.
La Festa delle Pupazze ci insegna che il passato non è morto. Continua a vivere nelle mani che intrecciano le foglie. Nei canti della processione. Negli occhi dei bambini che portano le loro piccole Pupazze. È un patrimonio che merita di essere conosciuto, rispettato e protetto. Perché racconta una storia che appartiene non solo a Bova, ma a tutta l’umanità. La storia dell’eterna ricerca di significato nel ciclo della vita.
Marino Adriana Fotografa, autrice delle foto, che ringraziamo
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