27 Dicembre 2024 03:47
Giuseppe Gorini detto Olindo, uno dei casi di malagiustizia.
Vennero chiesti quasi 70 anni di carcere, nel peso delle condanne, tra cui Olindo Gorini l’accusa chiese 6 anni. In un momento delicato dove il Governo di Giorgia Meloni vuole affrontare la riforma della giustizia, ecco un ulteriore caso di errore giudiziario eclatante.
Parliamo della sentenza che era tanto attesa per 11 imputati tra il centinaio di indagati dell’inchiesta “Evasione continua”, che nelle prime settimane del 2020 aveva portato a ricostruire un giro da mezzo miliardo di euro di false fatture, per un’evasione fiscale di oltre 80 milioni. Le indagini, eseguite dalla Guardia di Finanza, erano state coordinate dalla Procura di Brescia.
Le richieste di condanna per Olindo Gorini
Sono finiti a processo imprenditori, commercialisti, avvocati, professionisti e politici. Per Giuseppe Gorini 6 anni che non saranno da scontare per l’ennesimo errore giudiziario.
Secondo la Procura tutti sapevano e tutti erano coinvolti. I vertici dell’organizzazione vennero condannati in primo grado.
La fabbrica dell’evasione
Per la GdF era stata messa in piedi una sorta di “fabbrica” dell’evasione fiscale. L’organizzazione avrebbe infatti offerto ai clienti servizi tributari illeciti, attraverso centinaia di società di comodo e prestanome (in Italia e all’estero). Lo scopo principale sarebbe stata la “produzione” di crediti fittizi, da utilizzare indebitamente in compensazione, e di false fatture per operazioni inesistenti. Come detto, un giro d’affari da mezzo miliardo di euro, evasione fiscale da 80 milioni: le indagini si conclusero con 22 arresti e un centinaio di indagati (perfino un prete).
Il tutto ruotava attorno allo studio di un commercialista bresciano che aveva studiato tutto il meccanismo dell’evasione fiscale: creava attraverso prestanome società di comodo che producevano crediti fittizi e fatture inesistenti, individuavano poi le persone a cui vendere i loro prodotti, principalmente imprenditori desiderosi di abbattere le imposte. Il denaro guadagnato veniva poi ripulito attraverso sofisticate operazioni che vedevano corrieri specializzati portare i contanti in Slovenia, Croazia e Ungheria (dove un professionista apriva e gestiva una serie di conti correnti) ma anche in Vaticano (il monsignore indagato avrebbe tentato di aiutare la banda ad aprire quattro conti allo Ior). Per occultare i fondi neri era anche stato costituito un trust simulato.
Gorini assolto con formula piena
Si apprende dalla sentenza che per l’imputato Gorini nell’istruttoria dibattimentale non emerge che abbia partecipato al sodalizio criminoso, tantomeno che abbia contribuito alla realizzazione dei reati in alcuna veste. Nel contesto i PM misero in una condizione errata il Gorini, mandandolo gratuitamente al macero, in quanto addirittura è emerso che alcuni imputati non lo avevano nemmeno mai visto e conosciuto. Il Gorini aveva venduto la società nel lontano 2000 nonché regolarmente venduto per atto pubblico in piena trasparenza. Emerge chiaramente che nulla avesse a che vedere con i fatti oggetto del procedimento. Lo stesso tribunale ha inoltre correttamente escluso l’attendibilità di alcune dichiarazioni accusatorie contro Gorini, anche grazie alle intercettazioni.
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