Giovanni Iannelli, è morto ma sul suo caso ancora nessuna verità e giustizia.
Alessandria 12 febbraio 2022, Giovanni Iannelli era un ragazzo di 22 anni, un promettente ciclista, morto durante una gara ciclistica, il 7 ottobre del 2019.
La gara si svolse a Molino dei Torti, in Provincia di Alessandria.
A 144 metri dal traguardo Giovanni cadde infrangendosi contro un pilastro di mattoni, sbattendo violentemente la testa.
Un pilastro di mattoni, lasciato lì come ostacolo senza alcuna protezione, nessuna transenna, o protezione atta a scongiurare una tragedia, NIENTE.
Giovanni perse la vita 48 ore dopo l’incidente, avvenuto durante la gara ciclistica, l’87esima edizione del “Circuito Molinese”.
Ogni ragazzo potrebbe morire in questo modo, il regolamento imponeva agli organizzatori di apporre le transenne.
Il regolamento impone che vi siano apposte delle transenne per 220 metri, su entrambi i lati.
In questa competizione ciclistica, dove Giovanni è morto, il regolamento non venne rispettato, tanto che le transenne erano presenti solo negli ultimi 40 metri.
Pensate a 78 ciclisti dilettanti, con un andamento di 69 km orari in volata, in leggera discesa in un rettilineo stretto e pericoloso.
Eppure non vi era nessuna protezione adeguata, o delimitazioni che nel trambusto, potesse orientare i ciclisti, e scongiurarne un impatto mortale.
Un famiglia che oltre allo strazio della perdita del proprio figlio, ora si vede defraudata di un processo, e della verità per chiarire le dinamiche che hanno causato la morte di Giovanni.
L’avvocato Carlo Iannelli, padre di Giovanni, capisce subito che c’era qualcosa che non andava.
I carabinieri provenienti dal comune vicino, scrivono un verbale in cui sono presenti molte incongruenze ed inesattezze.
Scrivono di essere giunti sul luogo del sinistro alle 16.15, mentre il termine della gara è registrato alle 16.24.
Non eseguono rilievi, non fanno misurazioni di alcun tipo, non scattano foto neppure con il cellulare.
Non interrogano testimoni, neppure gli altri 4 o 5 ciclisti che sono anche loro caduti, in prossimità del punto in cui il pedale della bici di Giovanni ha urtato il pilastro di mattoni.
Fu proprio in seguito all’urto del pedale nel pilastro di mattoni, che Giovanni venne sbalzato contro l’altro pilastro, talmente violentemente che si spaccò il casco che aveva in testa.
48 ore di coma, e dopo Giovanni è morto.
I carabinieri interrogano soltanto la giudice, che asseriva di trovarsi ad una distanza di 10-15 metri, al momento dell’incidente, procedendo su una moto.
La stessa asserisce di essere riuscita a vedere tutto, parlando di una caduta autonoma di Giovanni, per alta velocità, mentre cercava di superare un gruppo di corridori a sinistra.
Da lì la conseguente frase lapidaria dei Carabinieri : “nulla da segnalare”.
Per la giudice Giovanni sarebbe morto per un incidente autonomo, insomma il muretto e i pali cartelli stradali e cesti dell’immondizia in quella strada, non fanno testo.
Ci chiediamo se sia sensato chiamarlo incidente autonomo, in presenza di tutti questi ostacoli, in assenza di transenne.
Ciò che ci lascia ancora più perplessi che desta la nostra più profonda indignazione, unendoci ai molti cittadini a conoscenza di questa storia è :
Il video fatto da uno spettatore, dove si evince che la giudice si trovava a 60 metri di distanza con una visuale ostruita.
Inoltre tale video è sempre stato a disposizione degli inquirenti.
Il papà di Giovanni infatti si è visto costretto, a denunciare questa giudice per falsa testimonianza.
Ciò nonostante il pm ha avanzato la richiesta di archiviazione
Il Sindaco di Prato Matteo Biffoni, ha deciso di scrivere al Procuratore della Repubblica di Alessandria, Dott. Enrico Cieri, ed al dott. Andrea Trucano.
Il primo cittadino ha ribadito che la famiglia di Giovanni reclama da tempo un giusto processo, per appurare se vi sono delle responsabilità per quanto accaduto a Giovanni, quel maledetto giorno.
Continua la missiva del Sindaco : ma ogni loro richiesta è stata vana.
Per questa ragione a nome della Comunità che rappresento, sento il dovere, anzi il bisogno di unire la mia voce a quella dei suoi familiari, e chiederle che sia celebrato un processo per questa morte così ingiusta.
Prato chiede semplicemente che venga celebrato un Processo, ribadisce il Sindaco.