Detenuti nordafricani danno fuoco alle celle a Busto Arsizio (VA)

Giorno da incubo nella Casa circondariale di Lodi. Grazie al tempestivo e professionale intervento della Polizia Penitenziaria si è impedito a un detenuto di togliersi la vita.

La notizia arriva dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPe, per voce del Segretario Provinciale di Lodi e Delegato Regionale per la Lombardia Dario Lemmo. “Il detenuto ha tentato il suicidio a mezzo impiccamento nel bagno con le lenzuola e la seconda volta con i lacci delle scarpe. I tre Agenti intervenuti la prima volta e i due Agenti intervenuti la seconda volta hanno sollevato il detenuto e slacciato le lenzuola e i lacci”.

Immediatamente, in entrambi i casi, sono state praticate le procedure di primo soccorso e rianimazione, scongiurando la tragedia. Lemmo evidenzia che “a Lodi da oltre 15 giorni è in atto un focolaio Covid-19 che sta investendo il 20% della popolazione detenuta. Come SAPPE siamo intervenuti in data 11 e 23 cm al fine di una migliore organizzazione dei contagiati e il rispetto del Protocollo Locale per la Prevenzione e la Sicurezza nei luoghi di lavoro in ordine all’emergenza sanitaria da Covid-19”.

Un plauso della istituzioni agli agenti di Lodi

Per il segretario regionale del SAPPE Alfonso Greco: “questa è la Polizia Penitenziaria pronta ad agire con gli altri operatori e con gli stessi detenuti. Come avvenuto in tale evento critico al carcere di Lodi, per tutelare la vita dei ristretti. Questa è comunità, ma nel rispetto dei difficili ruoli che ognuno viene chiamato a svolgere per la propria parte di competenza. L’ennesimo tentato suicidio di una persona detenuta dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari.

“L’ennesimo suicidio sventato di un detenuto in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono nei penitenziari, al di là del calo delle presenze. E si consideri che negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 23mila tentati suicidi ed impedito che quasi 175mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze”. Evidenzia Donato Capece, segretario generale del SAPPE.

Il suicidio come crisi di identità

Il leader del SAPPE richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze.

La via più netta e radicale per eliminare questi disagi sarebbe di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e sicurezza dei detenuti. L’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti”.

Promossa una manifestazione di sensibilizzazione a Roma

Nei giorni scorsi, il SAPPE aveva preannunciato la mobilitazione degli Agenti, dei Sovrintendenti, degli Ispettori del Corpo di Polizia Penitenziaria che aderiscono al Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria e al Coordinamento Funzionari e Dirigenti del SAPPE. Ha preannunciato una manifestazione nazionale a Roma, sotto l’ufficio del Ministro della Giustizia Marta Cartabia. Questo per denunciare la grave situazione delle carceri e le endemiche criticità del Corpo.

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