26 Novembre 2024 01:59
A Perugia i carabinieri del NOE nell’ambito dell’Operazione Black Sun hanno notificato 30 avvisi di conclusione delle indagini per traffico illecito di rifiuti
Operazione Black Sun Perugia
L’Operazione Black Sun nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bologna riguarda 30 persone e 14 società.
I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Perugia hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso nei confronti di 30 persone e 14 società.
La procura ritiene tutti responsabili a vario titolo di aver costituito un’associazione a delinquere finalizzata ad attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
Attività svolta principalmente attraverso false dichiarazioni, certificazioni e fatturazioni.
Le indagini
Il provvedimento scaturisce da un filone di un’indagine intrapresa, a partire dal 2017, nei confronti di una società con sede a Gualdo Tadino (PG).
L’attività investigativa riguardava un traffico illecito di RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), derivanti in particolare da pannelli solari.
L’indagine aveva portato all’emissione di sette provvedimenti di custodia cautelare nel 2020, dopodiché erano stati avviati gli accertamenti per i reati commessi in Emilia Romagna.
Gli approfondimenti compiuti nel tempo hanno permesso ai carabinieri di appurare che i pannelli fotovoltaici presenti nell’azienda di Gualdo Tadino erano, in realtà, rifiuti speciali.
I pannelli venivano fraudolentemente spacciati come apparecchiature elettriche ed elettroniche vetuste.
La legge italiana
La legge italiana prevede infatti che il pannello fotovoltaico a fine vita non debba essere più riutilizzato ma demolito attraverso un ciclo che consenta il recupero di materia.
Il Gestore dei Servizi Energetici (G.S.E.), la S.p.A. ha adottato appositi regolamenti per sostenere tale circuito virtuoso.
La G.S.E. per scongiurare l’alimentazione di un mercato illegale di pannelli fotovoltaici dismessi, ha introdotto un meccanismo virtuoso.
Per ogni pannello dismesso e dichiarato distrutto, con contestuale recupero di materia, consegue il riconoscimento di un incentivo per l’acquisto di uno nuovo.
Le indagini eseguite dai Carabinieri sono risultate determinanti per accertare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata all’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti.
L’attività era dedita all’auto riciclaggio e alla falsificazione materiale e ideologica di documentazione.
Attività diffusa in tutta Italia
I gruppi dediti al reperimento dei pannelli fotovoltaici dismessi operavano dal Nord al Sud del territorio nazionale, isole comprese.
Promotori, organizzatori e attori principali della vicenda però erano figure presenti nella provincia di Parma.
Gli indagati ritiravano partite di pannelli fotovoltaici dismessi, dichiarati come rifiuti per il solo tempo necessario a coprire il tragitto tra il luogo in cui venivano prelevati e l’impianto di trattamento.
Una volta scaricati i manufatti le aziende producevano delle dichiarazioni false che attestavano la loro distruzione ed il contestuale recupero dei materiali.
I materiali recuperati dovrebbero essere metalli vari, silicio, vetro, plastiche nobili e altre materie riutilizzabili.
Le aziende indagate consegnavano la falsa documentazione ai produttori originari del rifiuto.
Questi ultimi, del tutto ignari di ciò che accadeva ai vecchi pannelli, potevano “chiudere il cerchio” riscuotendo il relativo incentivo dal G.S.E.
Altri associati fornivano false certificazioni attestanti che i pannelli, nel frattempo muniti di etichette false, fossero apparecchiature elettriche ed elettroniche tecnologicamente sorpassate ma regolarmente funzionanti.
Così facendo aggiravano il rigido sistema di controllo sia a livello nazionale che, attraverso il circuito doganale, sui canali esteri.
Triplice vantaggio
Questo astuto sistema assicurava agli appartenenti all’organizzazione un triplice guadagno.
– le cospicue somme per il ritiro dei rifiuti dai produttori
– la successiva elusione dei costi che avrebbero dovuto normalmente sostenere per il loro trattamento
– la rivendita finale dei pannelli fotovoltaici come apparecchiature elettriche usate ai Paesi in via di sviluppo, percependone il corrispettivo o i costi di smaltimento del rifiuto.
Alcuni degli indagati sono infine accusati di aver impiegato, nelle rispettive attività imprenditoriali, gli ingenti profitti derivanti dalla illecita attività organizzata.