Il Tribunale condanna Crédit Agricole al rimborso delle azioni vendute senza trasparenza. Tutta la vicenda.

Si deve in gran parte alla tenacia della risparmiatrice il risultato positivo cui i legali di Aduc sono pervenuti recuperando il denaro malamente investito nelle azioni della banca. Non è stato facile visti i tanti ostacoli frapposti.

La risparmiatrice non sapeva nulla di prodotti o servizi di investimento, né sospettava che la banca potesse fare il proprio interesse a sue spese. Anzi, riponeva fiducia nella stessa.

La vicenda

All’epoca era Cassa di Risparmio di San Miniato, diventata poi Crédit Agricole. La banca fece investire, varie volte, la risparmiatrice nelle proprie azioni. Prima a dicembre 2010 e, successivamente, novembre 2012 e luglio 2014, in occasione di aumenti di capitale.

Purtroppo, nel prosieguo, la Cassa era andata incontro ad una grave crisi aziendale che comportò un quasi azzeramento del valore delle azioni e il salvataggio mediante incorporazione da parte di Crédit Agricole Italia spa, avvenuta nel 2018.

A questo punto la risparmiatrice si rivolgeva ad Aduc, che richiedeva la pertinente documentazione.

Una corsa ad ostacoli

Grandi perdite di tempo ed estenuanti solleciti per ottenere la documentazione (per di più non corretta) e, poi, un reclamo respinto in modo categorico.

Arbitro Controversie Finanziarie (Acf). Veniva quindi promosso ricorso all’Acf, che ad aprile 2021 dava ragione alla ricorrente stabilendo l’obbligo della banca di indennizzare le perdite subite. Ma la Cassa di Risparmio, ormai Crédit Agricole, non vi ottemperava.

Causa giudiziale davanti al Tribunale di Firenze
Due sono stati gli argomenti principali della difesa:
1) la prescrizione dell’azione risarcitoria;
2) la risparmiatrice aveva continuato a comprare azioni non come investimento ma perché – ormai azionista – si era sentita partecipe delle vicende della banca esercitando i propri diritti sociali.

Argomento quest’ultimo che, secondo i legali di Aduc, nonostante una positiva suggestione, urta frontalmente contro precise norme. Noi non crediamo che la banca si sia limitata a segnalare l’esistenza dell’aumento di capitale e del diritto di opzione, ma che invece abbia sollecitato i propri azionisti per farli investire nelle proprie azioni, così ottenendo quei capitali di cui aveva un disperato bisogno come poi i fatti hanno dimostrato.

La sentenza

Sul primo punto il Tribunale ha stabilito che la prescrizione è decennale, decorre dalla data dei singoli ordini di acquisto e che il decorso del termine è stato interrotto dalla presentazione del reclamo.

Sul secondo punto la sentenza sottolinea che la natura dell’acquisto non dipende dalla fase iniziale o successiva del rapporto, trattandosi del medesimo soggetto consumatore le cui finalità sono, e restano, solo quelle di investimento e non di esercizio di diritti sociali. Inoltre, in proposito, è inequivoco l’art. 25 bis del TUF.

La sentenza del Tribunale di Firenze ha condannato Crédit Agricole al risarcimento integrale del danno più le spese di lite.

“Abbiamo fatto un sommario controllo degli inadempimenti di Crédit Agricole relativi a decisioni dell’Arbitro delle Controversie Finanziarie e abbiamo riscontrato vari inadempimenti simili”. Spiegano i referenti di ADUC.

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