12 Ottobre 2024 05:42
Politica e integrazione. Amsi-Uniti per Unire: su Ius Scholae e Ius Culturae diciamo basta, una volta per tutte, alle promesse a vuoto dal 2005 solo slogan
Integrazione. Foad e Nadir Aodi (Amsi-Uniti per Unire): “70mila figli di coppie di immigrati, nati qui, meritano una valorizzazione che non può attendere, una rivoluzione culturale e sociale che deve partire prima di ogni cosa dalla politica.”
ROMA, 16 AGO 2024 – «In questi giorni di agosto, l’Italia è attraversata da un’ondata di calore soffocante che minaccia la salute di cittadini e turisti. Ma a riscaldare ulteriormente l’ambiente ci pensa la politica, con dichiarazioni incendiarie che sembrano fatte apposta per alimentare inutili polemiche.
Sarebbe stato meglio, per il bene di tutti, che certi politici si fossero presi una pausa, almeno per qualche giorno. Tuttavia, come spesso accade nel nostro Paese, le polemiche continuano a tenere banco, alimentate da esponenti politici che sembrano più interessati a creare divisioni che a promuovere la crescita sociale e culturale dell’Italia.
Il tema dello Ius Soli è tornato alla ribalta. È un argomento che ci sta molto a cuore, e che con le nostre associazioni, Amsi (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia) e il Movimento Internazionale Uniti per Unire, sosteniamo da oltre due decenni. Sin dal 2000, ci siamo battuti per una riforma che permettesse ai figli di immigrati nati in Italia di ottenere la cittadinanza italiana. Nonostante gli sforzi e le campagne, ci siamo sempre scontrati con un muro di cemento armato eretto da una politica restia al cambiamento.
Dal 2005, abbiamo avanzato proposte concrete per l’integrazione dei professionisti sanitari di origine straniera, chiedendo di ridurre il tempo necessario per ottenere la cittadinanza a cinque anni per chi vive e lavora in Italia. Questo avrebbe permesso a questi professionisti di partecipare ai concorsi regionali, garantendo un importante contributo al nostro sistema sanitario. Tuttavia, ben 150 politici di diversi schieramenti hanno sfruttato la questione dei figli dei migranti per guadagnare consensi, senza però ottenere risultati concreti.
Siamo stati i primi a proporre la possibilità, per i professionisti sanitari stranieri, di partecipare ai concorsi senza l’obbligo della cittadinanza, cancellando così ostacoli che impedivano di valorizzare risorse già integrate nel nostro paese. Questi medici e infermieri, laureati all’estero ma perfettamente integrati in Italia, avrebbero potuto colmare le croniche carenze di organico nel sistema sanitario, ma la politica ha preferito ignorare questa opportunità.
Parallelamente, abbiamo sostenuto progetti come lo Ius Scholae e lo Ius Culturae, che oggi tornano a essere oggetto di discussione. Questi percorsi, sebbene validi, non rappresentano una vera innovazione. La politica arriva sempre troppo tardi, lasciando che la nostra società si impoverisca culturalmente e socialmente.
Le nuove generazioni di italiani, figli di immigrati regolari nati qui, non hanno visto alcun miglioramento nelle loro condizioni. È forse troppo tardi per lo Ius Soli, che permetterebbe a questi giovani di ottenere automaticamente la cittadinanza italiana. Stati Uniti, Canada e Francia lo adottano da tempo, mentre noi rimaniamo indietro.
Non smetteremo mai di ribadire che per attuare una vera politica di integrazione, i partiti devono smettere di farsi la guerra e collaborare per il bene comune. Le divisioni e le polemiche non fanno altro che rallentare i processi di evoluzione sociale e culturale, che sono ormai indispensabili.
Siamo stanchi e delusi dalle promesse non mantenute. Il rischio è che, governo dopo governo, nulla cambierà mai. La politica delle parole vuote, che non portano a fatti concreti, è pericolosa e dannosa, specialmente per gli immigrati che sono spesso usati come pedine in giochi di potere.
Siamo anche arrabbiati. Non possiamo più tollerare promesse a vuoto, strumentalizzazioni e bugie, che continuano a danneggiare gli immigrati. Mettiamoci per un momento nei panni dei figli degli immigrati, che oggi sono circa 70mila in Italia. Questi giovani, nati qui, parlano italiano, vivono da italiani, ma non possono ottenere la cittadinanza fino al compimento dei 18 anni. È un fallimento della politica, che non solo offende i diritti di queste persone, ma impedisce anche di valorizzare giovani talenti che potrebbero dare molto al nostro paese.
In paesi come il Canada, i figli di immigrati possono ottenere la cittadinanza alla nascita e partecipare attivamente alla vita politica. In Italia, invece, i figli degli immigrati rimangono ai margini, nonostante rappresentino una risorsa fondamentale per il futuro del paese.
Il ritardo dell’Italia nelle politiche di integrazione è un segno di inefficienza e fallimento. Noi, consapevoli che nulla cambierà, continueremo a lottare per i nostri diritti, cercando di portare avanti una rivoluzione culturale che è ormai indispensabile.
Apprezziamo le recenti iniziative del Ministro degli Esteri Tajani e di Forza Italia sullo Ius Scholae e sullo Ius Culturae, ma temiamo che sia troppo tardi. Non vogliamo che queste proposte rimangano solo promesse non mantenute. È ora di agire concretamente.
Il nostro appello alla politica è chiaro: basta promesse a vuoto, basta deludere le speranze dei giovani di origine straniera che si sentono italiani a tutti gli effetti. È tempo di una vera rivoluzione culturale e sociale.
Il nostro impegno, come associazioni, è quello di continuare a lottare per i diritti degli immigrati e delle nuove generazioni di italiani. Non possiamo permettere che tutto rimanga com’è. Il futuro dell’Italia dipende dalla capacità di integrare e valorizzare tutte le sue risorse, compresi i nuovi italiani. E’ una sfida che dobbiamo affrontare con coraggio e determinazione, perché ne va del benessere dell’intera collettività.
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