silvio berlusconi

Molte tra le maggiori imprese italiane stanno affrontando questo problema

In Italia molte le famiglie imprenditoriali hanno affrontato o stanno affrontando il passaggio generazionale.

È un momento molto delicato (anche per la presenza in Italia di istituti, quali la quota di legittima, quasi sconosciuti nel diritto internazionale) da cui dipende soprattutto l’adeguata prosecuzione dell’attività che potrebbe essere pregiudicata da un’eccessiva frammentazione o conflittualità dell’assetto proprietario.

Solitamente le famiglie sono caratterizzate dalla figura centrale del fondatore-guru geloso della sua società-creatura e restio a cederla ad altri e immediatamente sotto da una famiglia, più o meno numerosa, a seconda del numero di passaggi generazionali.

L’innovativa tendenza attuale, quella di coinvolgere anticipatamente e gradualmente le nuove generazioni in modo da rendere il passaggio di gestione più armonico, non può certo da sola bastare a consentire un cambio generazionale soft.

La famiglia novarese Boroli-Drago (a capo del gruppo De Agostini) ed i De Benedetti hanno completato già da molti anni il riassetto interno. Invece gli Agnelli prendendo occasione del recente merger FCA-Peugeot hanno compiuto il disegno di Gianni Agnelli ponendo a capo indiscusso (nonostante contenziosi tuttora aperti, quantomeno in Svizzera, tra la madre Margherita Agnelli ed i 3 figli di primo letto Elkann) della dinastia John Elkann, il quale ha il controllo (sul centinaio di componenti della famiglia divisi in una decina di rami) dell’impero, partendo dalla capofila: la sconosciuta società semplice Dicembre (di cui detiene il 60%).

Ancora in divenire la situazione dai Berlusconi, per il momento concentrati

dopo l’accordo col raider francese Bolloré, sulla creazione di un polo europeo della tv generalista. I 3 figli di secondo letto hanno preso tutti strade diverse da quella famigliare. Per quanto riguarda gli altri 2 di primo letto invece Piersilvio si occupa di Mediaset e Marina della holding. I 5 fratelli hanno quote paritarie del 7,6% a testa mentre al padre resta la quota maggioritaria di oltre il 60%. Il problema qui è dato dal fatto che i primi 2 figli avrebbero il 40% e gli altri 3 il 60%.

Ben lontani dall’avere risolto il problema sono pure i Benetton, scossi dal crollo del viadotto genovese (con la conseguente uscita da Autostrade) e dalla morte di 2 (su 4) fratelli, Gilberto e Carlo, oltre che dall’uscita di scena dello storico consigliere e amministratore Gianni Mion. La famiglia aveva comunque già da tempo individuato tra tutti i cugini, Alessandro, ben noto col suo fondo di private equity 21 partners, ma i giochi non sono affatto conclusi.

Il caso più intricato è quello dell’asset più rilevante, Del Vecchio

relativo alla proprietà di un terzo delle azioni Essilux (nata dalla fusione di Essilor e Luxottica, merger caratterizzato da una forte conflittualità fin da subito, risolta per ora con l’imposizione di un Ceo italiano). La successione invero è già impostata, destinati ai 6 figli (avuti da ben 3 donne) il 75% del capitale della holding Delfin e mantenendo in capo al fondatore ottantaseienne il restante 25%. Tale ultima quota per una possibile successione spetterebbe all’attuale moglie e madre di Leonardo Maria, l’unico degli eredi ad avere un ruolo aziendale. Tale erede designato appare però tutt’altro che solido, ostacoli legali potrebbero essere dietro l’angolo.

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