16 Novembre 2024 05:30
Medicina indiana. Molti europei rimarrebbero forse sorpresi nello scoprire che Elisa del Carmen Loncon Antileo, prima presidente dell’Assemblea costituente cilena, di etnia Mapuche, fosse presso il proprio popolo quello che presso i “bianchi” risulta come omologo essere il medico. In realtà si tratta di molto di più: Loncon è una Machi, una autorità sia spirituale che medica, il più alto titolo presso i Mapuche.
I Mapuche, divisi fra Argentina e Cile nelle loro terre (territorio chiamato in lingua nativa Wall-Mapu) si dividono in “urbani” e “ancestrali”, vale a dire tra chi vive in città e chi nelle terre originarie, e tra queste due realtà delle vie di mezzo. È Juan Carlo Chàvez Pilquil a presentarci, nell’ambito del Progetto Cile del professor Foad Aodi, per primo il popolo Mapuche. Chàvez Pilquil si presenta professionalmente come “Educatore tradizionale Mapuche, Naturopata professionale e poliglotta”. Ci tiene per prima cosa a far presente da dove viene. “Sono figlio di un desaparecido: mio padre fu sequestrato e quindi detenuto nel 1974, la DINA lo prese nel 1974 nella sua casa, nella strada Londra 38.
Lo hanno torturato in uno spazio segreto, le ultime notizie che abbiamo avuto da lui lo davano nella Colonia Dignidad”. ll feroce lager fondato nel Cile di Pinochet da esuli nazisti dove operò, molto dopo il conflitto mondiale, addirittura lo pseudoscienziato Josefe Menghele,
noto sia durante il conflitto che successivamente per i suoi esperimenti raccapriccianti sulla pelle di cavie umane. “Mi trovai in esilio in Olanda che ero bambino, avevo 3 anni ed era il 1977”.
Sulla situazione odierna data dal nuovo processo costituente il Naturopata si dice “scettico, ma ottimista. C’è una ripoliticizzazione della società in corso”.
“La parola Mapuche – ci spiega – significa gente della terra, ma ha un significato più profondo. Può significare ‘essere umano’, non vedendosi né superiori né inferiori agli altri. Ma diversi questo sì. Io sono un Naturopata (così si presenta al mondo che definisce “occidentale” ndr) è vero ma il Mapuche ha una ‘cosmovisione’. Non una vera e propria religione.
Per noi è difficile separare, categorizzare come si fa tra gli occidentali”. Tra i discendenti degli europei. “Noi non crediamo in un Dio, o in una Dea, o in degli Dei. Siamo convinti che il Cosmo sia formato da Energia e questa la troviamo in tutte le cose: nelle piante, nella terra.
Noi crediamo che tutti siamo parte dell’Universo, o della Natura.
Questa Energia abbraccia quattro dimensioni che noi chiamiamo così: la nonna, il nonno, la ragazza, il ragazzo. Sono quattro dimensioni presenti secondo il nostro popolo in ogni persona, rappresentano il femminile e il maschile, l’antico e il nuovo. Qualsiasi persona fra noi ha una parte di femminile e una di maschile e così di antico e nuovo;
poi nel singolo la Natura si manifesta in stratificazioni differenti. Non tendiamo a separare come si fa tra gli occidentali: per noi anche il vulcano quando erutta la lava manifesta l’Energia, certo è anche un fenomeno scientifico”. Questa è anche “medicina indiana”.
Chàvez Pilquil ci tiene a raccontarci tutta la storia tra i bianchi e i Mapuche, non solo sulla medicina indiana e india, precisando: “con gli Spagnoli si poteva trattare, si riuscivano a fare degli accordi. Quando il Cile divenne uno stato indipendente questo stato di cose cessò”. Più nel dettaglio: “nel 1641 ci fu la guerra del fiume Bio Bio, che divenne ed è la nostra frontiera. A nord il territorio spagnolo, a sud il nostro dove le truppe del Re di Spagna non entravano. Per noi è importante il rispetto della parola data, ci sarebbe stato reciproco aiuto in caso di invasione. Poi il Cile, che chiese anche l’aiuto di Francia e USA per ottenere l’indipendenza, attuò una diversa politica, malgrado nei decenni e nei secoli si siano levate voci in nostri favore, anche i Gesuiti”.
Nel corso degli anni “i Mapuche si diedero un Parlamento, finché l’ultimo non cessò nel 1825, con l’obiettivo di fondare una Confederazione. L’invasione totale delle nostre terre in realtà avvenne solo nel 1880”. Ci spiega meglio: “si cominciò da parte dei cileni, e in particolare del giornale il Mercurio, ad attuare una campagna denigratoria: l’indio veniva rappresentato come sporco, ignorante, incolto, appartenente a un popolo selvaggio” e sia il Cile che l’Argentina finirono per vie diverse per soggiogare questa popolazione al finire dell’Ottocento.
Nulla cambiò sino ad Allende.
“l’indio – prosegue il Naturopata Mapuche – anche se inserito nella condizione di contadino, di campesino, poté ottenere avanzamenti importanti nel recupero della propria terra, un vero e proprio Rinascimento con Allende”.
E per un Mapuche la terra è tutto, perché senza il legame con il suolo, e con gli alberi che ne danno nutrimento, la “medicina Mapuche” non può attuarsi. Ecco quindi lo shock del golpe e del regime di Pinochet: “si instituì una forestale che rase al suolo i nostri alberi, per esempio l’Eucalipto, o altri del mare, e quindi la terra divenne sterile” e ancora oggi il conflitto con i forestali è al centro del dibattito cileno in questi mesi di processo costituente. Un processo nel quale una enormità di cileni ha “riscoperto” il popolo Mapuche, vedendo in esso la propria reale origine in un movimento che li ha visti entrare in Assemblea Costituente e oggi, nella possibile nuova costituzione, avere dignità giuridica e amministrativa nelle proprie terre.
Ci si stupirebbe davvero nello scoprire che il Machi, quindi medicina indiana e india, è integrato al sistema sanitario cileno.
Ma il Naturopata non ne è entusiasta: “Non è semplice perché il Machi deve agire vicino al suolo”, e che fa, nello specifico? “accompagnato da un interprete” risolve problematiche sia di salute che di spirito “entrando a volte anche in uno stato di trance, in un cui utilizza un linguaggio metaforico, simbolico, onirico. La gente non intende questo linguaggio, l’interprete lo traduce con delle bandiere”. Che hanno dei colori: nero per la pioggia, bianco se chiede sole e azzurro (il colore del popolo Mapuche) nelle cerimonie, il colore spirituale.
Lorenzo Proia