Cremlino, la Piazza Rossa e la Cattedrale di San Basilio.

 

Russia. Nel corso dell’ultimo anno recarsi in Russia è diventato difficoltoso

e considerato da molti un viaggio a rischio, per alcuni è invece sinonimo di supporto al governo locale.
Ma le istituzioni governative e gli orientamenti politici e geopolitici degli stessi non devono esser confusi con la storia, le tradizioni, la cultura, il popolo che caratterizza un determinato luogo. Viaggiare è conoscere e comprendere.
Raggiungere la Russia in maniera aerea diretta dall’Italia o dall’Europa geografica risulta impossibile per la repentina chiusura delle rotte che ne garantivano i collegamenti fino ad inizio 2022. Resistono un paio di “porte” europee che permettono l’accesso alla Federazione Russa ma le compagnie aeree interessate, fiutato l’affare e con la complicità degli aumenti generalizzati proposti da tutti i vettori aerei causa aumento dei carburanti, offrono biglietti a prezzi osceni. A queste cifre si andava e tornava dalla Nuova Zelanda, ora ci vai a Mosca.
L’opzione via terra considerando un viaggio in bus, treno o auto privata, almeno per coprire il tratto inerente le frontiere estoni, lettoni o finlandesi, risulta impervia per via dell’acredine che si è instaurata tra i doganieri dei paesi in questione. I viaggi in Russia dall’Europa sono sconsigliati e mal sopportati.
Per questa serie di motivi già il solo raggiungimento del territorio russo può considerarsi un itinerario a se’ ed una sorta di avventura. Soprattutto quando per arginare il più possibile il caro prezzi ed aggirare i malumori alle frontiere ti tocca effettuare un clamoroso giro su cieli d’Europa.
La mia ultima volta nella Federazione Russa e nel Caucaso in particolare fu a fine gennaio 2020 in occasione di un matrimonio in un villaggio dell’Inguscezia; poi venne il covid.
Solo quindi un nuovo viaggio avrebbe potuto colmare il mio alto livello di nostalgia per quei territori frequentati oramai da anni.

La prima tappa di questo recente girovagare mi riporta a Makhachkala

la capitale adagiata sul mar Caspio della Repubblica del Dagestan.
Vengo subito accolto dalla amichevole atmosfera che si respira e durante la permanenza noto tanti particolari che segnalano diversi cambiamenti rispetto alle mie visite precedenti. Nuovi edifici, strade rifatte, i lavori quasi ultimati per la costruzione della più grande moschea d’Europa che sta sorgendo a pochi metri dal mare contornata da parchi, strutture ricettive, punti ricreativi. Un monumentale luogo di culto che mescolerà religione e turismo.
Rinnovamento e novità saranno una costante durante le varie tappe del viaggio.
Come la nuova attrazione cha da un paio di anni a questa parte caratterizza questa zona a sud della Russia. Collaborando da tempo in ambito turistico locale, mi accodo ad una delle tante carovane di viaggiatori russi che imperversano nell’area e mi reco al cospetto del gigantesco Ekranoplan.
L’Ekranoplan era un tipo di aereo sviluppato dall’ingegneria sovietica, con contributo progettuale anche italiano, che consentiva di volare a circa dieci metri sul livello del mare e poter così contrastare le portaerei nemiche con l’equipaggiamento in dotazione. Il modello “Lun” fu costruito a Nizhny Novgorod (Gorkij ai tempi ) e destinato alla flotta del mar Caspio ma la dissoluzione dell’Unione Sovietica colse il velivolo prima della sua entrata effettiva in servizio. Il cosiddetto “mostro del Caspio” restò quindi abbandonato per circa trenta anni nel porto di una piccola fabbrica oramai anche essa dismessa. Finchè nel 2020, riscoperto, è stato portato su una spiaggia a sud di Derbent ed in attesa che entri a far parte di un nuovo parco tematico è ora possibile svagarsi o nuotare all’ombra dei suoi circa settantacinque metri di lunghezza e circa venti di altezza, ammirandolo in tutta la sua imponenza.

Trovandomi in zona, non mi faccio mancare una sosta a Derbent

con la sua fortezza che domina il mar Caspio ed il caratteristico centro storico che rende singolare la cittadina delle “porte di Alessandro Magno”.
Ma anche qui in soli due anni di assenza durante i quali una parte del mondo si è fermata, noto che molte cose sono cambiate e si inizia a respirare una atmosfera differente. Decine di turisti russi girovagano tra le stradine della città caspica scoprendone la storia antica che l’hanno fatta entrare di diritto nella lista delle località patrimonio dell’umanità Unesco. Diversi sono i negozietti di souvenirs come anche i nuovi caffè “per turisti” che sono stati aperti e varie sono le agenzie che propongono escursioni sulle vicine montagne.
Il Dagestan negli ultimi anni, tra pandemia e sanzioni alla Russia che hanno convogliato gran parte del turismo all’interno della Federazione, ha visto incrementare il numero di visitatori diventando una delle regioni più visitate.
Una forte campagna di reclamizzazione delle bellezze naturalistiche e delle tradizioni di questa Repubblica ha contribuito ad azzerare i pregiudizi che gli stessi russi avvertivano in precedenza. Le prime volte che raccontavo delle mie esperienze in Dagestan e nella vicina Cecenia, anche in Russia venivo ascoltato con una forte incredulità. Ora l’opinione tra i russi è cambiata ed il Dagestan è diventato una nuova meta, l’incredulità invece persiste in Italia aggravata dal fatto che ora è il viaggiare in Russia in quanto tale ritenuto sconsiderato.

Il tempo a mia disposizione per questo viaggio nel Caucaso russo

non mi permette le consuete deviazioni sulle montagne tra i villaggi della catena caucasica, il vero pezzo forte della regione; questa volta devo infatti tralasciare natura e tradizioni ed accontentarmi praticamente solo delle città.
La mia strada mi riporta anche a Grozny, la capitale della Cecenia. Città completamente ricostruita dove il viaggiatore non a conoscenza della storia ed inevitabilmente della guerra che l’ha resa suo malgrado protagonista non si accorge degli eventi drammatici qui accaduti.

Nel 2000 Grozny non esisteva essendo stata la “città più bombardata dopo la II° Guerra Mondiale”;

nel 2015 era una città nuova e piacevole ma con ancora vivo il peso del passato; nel 2022 è una città moderna che sta ancora crescendo per via dei numerosi progetti in corso. La gradevolezza della nuova Grozny è incrementata da un ulteriore moderno centro commerciale e da nuove isole pedonali sorte nell’ultimo paio di anni dove giovani, famiglie, turisti affollano fino a tarda sera gli eleganti ristoranti e caffè anche essi di recente apertura. Certo, Grozny non è la vera Cecenia, quella si respira nei villaggi sparsi tra le favolose montagne della Repubblica ma di certo non è più la “città terribile” [ presunto significato del suo nome N.D.R.] così considerata dai numerosi pregiudizi avversi.
Il viaggio tra i luoghi a me familiari prosegue procedendo nella Repubblica dell’Ossezia del Nord, un’”isola” tra le altre repubbliche caucasiche appartenenti alla Federazione Russa, differenziandosi da esse soprattutto per storia e religione essendo l’unica non a prevalenza musulmana.

La capitale Vladikavkaz, la “Dominatrice del Caucaso”

[ secondo la presunta etimologia del nome n.d.r. ] si presenta anche essa rinnovata in numerosi aspetti urbanistici che la rendono ancora più affascinante rispetto a prima. Passeggiare per il suo corso con la visione delle montagne che si stagliano imperiose a 4000 metri di altezza o godersi i parchi sul fiume Terek inebria di rilassatezza.
Nella vicina Beslan il 1° settembre 2004 durante la cerimonia di apertura dell’anno scolastico, un gruppo armato fece irruzione nella scuola n.1 e tenne in ostaggio circa milleduecento persone per tre tragici giorni. Giorni drammatici che si conclusero il 3 settembre con la morte di piu’ di trecento persone, per la maggior parte bambini.

La prima volta che venni a Beslan, visitando la scuola provai una forte emozione avvolto nell’atmosfera di una tragedia che qui nessuno mai potra’ dimenticare. Leggere sui giornali o vedere in televisione e’ sempre un qualcosa di lontano, essere sul posto ti fa invece realmente rendere conto della portata delle cose. Ed ogni volta che torno a Beslan la sensazione e’ sempre la stessa, un qualcosa che si avverte ma non si può spiegare. Per l’anniversario del diciottesimo anno dal tragico evento sono tornato a Beslan dove come ogni anno madri, padri, fratelli, sorelle, parenti, amici, cittadini ricordano, nel senso letterale, quella triste vicenda.

Non bisogna dimenticare affinche’ fatti del genere non accadano mai piu‘ “.

Il primo giorno di commemorazione visito la palestra e la scuola, la sera del secondo lo trascorro in compagnia dei familiari delle vittime al cimitero appositamente costruito e ribattezzato la “città degli angeli”, il terzo giorno vengono scanditi uno ad uno i nomi delle 366 vittime, 186 delle quali bambini. Centinaia di persone arrivate da ogni parte dell’Ossezia del Nord depongono dei fiori sotto la grande scultura che ricorda le vittime della tragedia e sulle tombe della ” citta’ degli Angeli”.
Davanti la scuola, poi, tra la commozione generale, questo anno per la prima volta, la gente di Beslan tra decine di lumini accesi si è fatta emotivamente trasportare dalle note fuoriuscite dal flauto di una musicista sammarinese giunta per l’occasione. La proiezione di un nuovo documentario di produzione russa sulla tragedia ha poi concluso la commemorazione ufficiale.

Va dove ti porta l’itinerario, non sei tu che decidi ma è il demone del viaggio che ti trasporta.

Ed è cosi che mi ritrovo in Ossezia del Sud. L’ Ossezia del Sud e’ una repubblica de facto, esterna alla Russia, ubicata nel cuore del Caucaso. Ci si arriva attraversando l’imponente ed omonima catena montuosa, percorrendola da nord verso sud, tramite un lungo tunnel a piu’ di 2000 metri di altezza e godendo di un paesaggio straordinario. In Ossezia del Sud ed in alcuni angoli della sua capitale, Tskhinval, e’ ancora possibile gustare una atmosfera che mescola la storia dell’antico popolo degli Alani ed il recente passato sovietico con le tradizioni caucasiche. La natura selvaggia delle montagne che caratterizzano il paese fanno poi il resto. Trascorso abbastanza tempo dalla mia ultima visita era giunto in momento di tornare anche qui. Per rivivere emozioni che solo luoghi amèni come questo possono ancora darti.

Torno anche a Nalchik, la capitale della Repubblica di Kabardino-Balkaria.

Ad un centinaio di chilometri da qui si eleva il monte Elbrus con i suoi 5642 metri di altezza dove pero’, questa volta, non riesco a salire. Ma mi concedo una piacevole sosta in citta’. Nalchik e’ una localita’ dalle diverse sfaccettature: musulmana, cristiana, con retaggi sovietici e tantissimo verde. Circa quattro chilometri di parchi di tipologia differente uno dietro l’altro, quattro laghi artificiali, giardini per bambini, il lungo fiume sull’omonimo fiume Nalchik, un bosco che sale fino ai 640 metri del ristorante Sosruko, raggiungibile anche tramite una vecchia seggiovia sospesa tra cielo e lago.

Il ristorante riprende architettonicamente le sembianze di Sosruko, l’eroe dell’antico popolo Nart, popolo mitologico dalle sembianze sovraumane.

Il viaggio si conclude tra Piatygorsk e Mineralnye Vody. Pyatigorsk la città delle cinque montagne dove si svolse il duello che causò la morte del poeta Lermontov si presenta in tutta il suo fascino, con le sue piazze ornate da giochi floreali e le vedute panoramiche da ognuna delle cinque alture. Già ai tempi dell’Unione Sovietica Pyatigorsk e le cittadine vicine erano meta prescelta dal popolo russo per trascorrere le proprie vacanze. Il clima mite, le passeggiate e le acque termali delle quali è ricca la zona attiravano gente da ogni repubblica dell’Unione. Acque salutari impresse anche nel nome della città di Mineralny Vody, Acque Minerali appunto.

Giunge il momento di riattraversare in varie direzioni lo spazio aereo europeo per far ritorno in Italia.

Questo viaggio mi ha fatto rivedere amici e luoghi, ha placato la mia nostalgia, mi ha fatto riassaporare atmosfere conosciute, mi ha fatto notare come i mesi della pandemia sono stati utilizzati da alcuni paesi per apportare modifiche e novità, mi hanno fatto registrare, appurandolo e parlando con la gente, come le sanzioni avverse hanno iniettato un impeto di operatività al tradizionalmente rilassato popolo russo. Tante merci non arrivano più dall’estero ma altrettante hanno iniziato ad esser prodotte all’interno della Federazione.

Non saranno esattamente della stessa qualità ma quanti anche in Italia utilizzano merce di prima o primissima scelta?

Certo i marchi di lusso o di alto profilo sono insostituibili ovunque ma in fondo dovunque è il popolo quello che movimenta l’economia quotidiana tramite prodotti non sempre ricadenti nell’ambito della straordinarietà.
Magari la sanzioni in atto raggiungeranno l’obiettivo di distruggere economicamente la Russia nei prossimi anni ma nell’immediatezza le sanzioni hanno certamente fornito nuove energie.

Questo è quello che hanno annotato i miei occhi da viaggiatore appassionato di storia, tradizioni, cultura, gente, cibo di tutti i paesi che hanno formato l’ex Urss e sostenitore del suo fulcro, l’amicizia tra i popoli.
La guerra non è mai accettabile.

Ma è inaccettabile anzitutto il “lasciar fare” che si arrivi ad una guerra. In fondo mantenere delle aree geografiche in costante crisi può convenire a molti. Come esasperare la situazione portandola al punto di non ritorno.

La prima fase della guerra, mantenuta volutamente a bassa intensità mediatica dal main stream, è stata combattuta per anni nel Donbass venendo considerata “guerra locale”.

La seconda fase è poi sfociata in operazioni belliche che hanno allargato il campo d’azione. Inammissibile dopo ma inammissibile anche prima quando lasciar fare ed esasperare ha fatto comodo a vari portatori d’interesse internazionali. Ma tutto è nella norma, gli interessi geopolitici prevalgono sempre sulle vite dei popoli.

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