Montebello Jonico: tentato omicidio per debito di droga, arrestati cinque uomini

Un’indagine complessa e arresti eccellenti a Montebello Jonico

Montebello Jonico è stato al centro di un’importante operazione dei Carabinieri. Cinque persone, tutte legate da vincoli familiari, sono state arrestate con accuse pesanti.

Tentato omicidio, detenzione di armi da guerra, traffico di droga e ricettazione sono tra i reati contestati.

Le indagini sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria. I Carabinieri di Melito Porto Salvo, con il supporto dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”, del Nucleo Cinofili di Vibo Valentia e della Compagnia CC di Desio, hanno lavorato per mesi per ricostruire i fatti.

L’operazione è partita dopo un episodio di sangue avvenuto il 9 ottobre 2024. Quel giorno, un uomo di 35 anni, residente a Montebello Jonico, è stato ferito al collo da un colpo di pistola. Le condizioni gravi della vittima hanno richiesto il trasferimento immediato nel reparto di Rianimazione del G.O.M. di Reggio Calabria.

Un debito di droga dietro il tentato omicidio

Secondo le indagini, il movente dell’aggressione sarebbe un debito di droga. La vittima aveva avuto frequenti contatti con gli arrestati, spesso comunicando con messaggi in codice. Espressioni come “un bacino” o “due bacini” erano usate per indicare le dosi di droga richieste.

Gli inquirenti hanno scoperto che l’uomo si recava abitualmente presso l’abitazione del presunto aggressore. In almeno un’occasione avrebbe consegnato denaro in contanti a uno degli arrestati. Ma qualcosa è andato storto, portando al tentato omicidio.

La scena del crimine e le prime tracce

Gli investigatori hanno trovato indizi chiari sulla dinamica dell’agguato. L’arma usata sarebbe stata una pistola a tamburo, probabilmente una Rivoltella. L’assenza di bossoli sulla scena e la tipologia dell’ogiva estratta dal corpo della vittima lo confermerebbero.

Da quel momento, i Carabinieri hanno avviato un’indagine meticolosa. Hanno analizzato ogni dettaglio della vita della vittima e dei suoi contatti. Le intercettazioni telefoniche e ambientali si sono rivelate fondamentali per ricostruire i fatti.

Un arsenale da guerra scoperto nel “giardino” di famiglia

Le perquisizioni hanno portato alla luce un vero arsenale. Gli arrestati nascondevano armi e droga con estrema attenzione. Nel “giardino” della madre del presunto aggressore sono stati trovati elementi chiave.

Tra le armi sequestrate figurano:

Una pistola Rivoltella con cinque colpi calibro 7.65, sospettata di essere l’arma del delitto.

Un fucile automatico AK-47 Kalashnikov con matricola abrasa.

Ingenti quantità di munizioni.

Oltre alle armi, i militari hanno rinvenuto:

Mezzo chilo di cocaina, con un valore di mercato di 150.000 euro.

200 grammi di tritolo occultati in un barattolo di vetro.

Una bomba carta da 1,2 kg con miccia, potenzialmente letale.

Una rete criminale strutturata e pericolosa

Gli arrestati operavano con grande coesione. Gli investigatori hanno ricostruito un’organizzazione ben strutturata, fondata su vincoli familiari e omertà. Ogni componente del gruppo aveva un ruolo preciso.

Le intercettazioni hanno rivelato come gli indagati si coordinassero con messaggi criptati. Spesso parlavano di spostare armi e droga per eludere le indagini. In alcuni casi, imponevano il silenzio ai loro familiari per evitare fughe di notizie.

Tentativi di depistaggio e ostacoli alle indagini

Gli arrestati hanno provato a sviare le indagini in diversi modi. Durante le intercettazioni, uno di loro ha ordinato a una figlia e a un cognato di non parlare con gli inquirenti. Inoltre, hanno tentato di nascondere ulteriori armi da guerra, che i Carabinieri stanno ancora cercando.

Malgrado i depistaggi, gli investigatori hanno raccolto prove schiaccianti. Le indagini hanno ricostruito il traffico di droga e il sistema di intimidazione messo in atto dal gruppo.

Un colpo duro alla criminalità locale

L’operazione ha inferto un duro colpo alla criminalità organizzata di Montebello Jonico e della provincia di Reggio Calabria. Il lavoro dei Carabinieri ha permesso di smantellare una rete pericolosa, restituendo sicurezza al territorio.

Questa vicenda dimostra l’impegno costante delle forze dell’ordine nella lotta alla delinquenza. Nonostante gli arresti, le indagini proseguono per individuare eventuali complici e scoprire altre attività illecite del gruppo.

Il principio di presunzione d’innocenza

Gli arrestati sono accusati di reati gravissimi, ma si trovano ancora nella fase delle indagini preliminari. Come previsto dalla legge, vige il principio della presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva.

La Procura della Repubblica di Reggio Calabria, guidata dal Dott. Giuseppe Lombardo, continuerà il lavoro investigativo per fare piena luce sulla vicenda. L’obiettivo è assicurare alla giustizia tutti i responsabili.

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