18 Settembre 2025 20:36
Paolo Zangrillo – Quando la politica è un’operazione di marketing e la visibilità vale più dei fatti
Su Paolo Zangrillo avrei una visione diversa. La politica non è sempre una questione di idee, programmi o dibattiti costruttivi. A volte, è un affare di immagine e visibilità – Ora vi spiego – L’episodio di contestazione al Ministro Paolo Zangrillo alla recente festa del Partito Democratico di Torino non è solo un fatto di cronaca, ma un caso di studio su come si possa trasformare una debolezza politica in un’opportunità mediatica. L’interpretazione dei fatti suggerisce che Zangrillo non sia stato vittima di un incidente, ma che abbia cercato attivamente lo scontro, calcolando con freddezza ogni mossa. La sua partecipazione all’evento, in un contesto notoriamente ostile, non sembra la scelta di un politico ingenuo che cerca il dialogo, ma quella di aver dietro di se un professionista della comunicazione che gli abbia donato il palcoscenico, anche se infuocato.
Le Reazioni su Paolo Zangrillo
Le reazioni immediate, sia le sue che quelle del suo partito, indicano una sceneggiatura ben precisa. L’insulto ed il dissenso non sono stati subiti, ma assorbiti e rilanciati come la prova di un’intolleranza politica altrui. Si è trasformato in un martire, una vittima che ha osato confrontarsi e per questo punita. Questa narrazione gli ha garantito uno spazio sui giornali, nei talk show e sui social media, un’esposizione che altrimenti un ministro “senza portafoglio” fatica ad ottenere – Soprattutto un politico paracadutato come nel suo caso che non da lustro la partito – Non ha nemmeno i voti – In un governo dove i riflettori sono quasi interamente su Giorgia Meloni e sugli altri ministri con deleghe pesanti, come Tajani, Crosetto e Pichetto; per Zangri l’occasione era troppo ghiotta per non essere colta. La sua presenza all’evento, quindi, non era per dialogare, ma per provocare una reazione e, di conseguenza, far parlare di sé. Se così fosse, molto astuto.
La Poltrona di Paolo Zangrillo, un Affare di Famiglia e di Amicizie
Per comprendere l’ascesa di Zangrillo, è utile analizzare la sua storia politica e le sue connessioni. La sua nomina a ministro è stata ampiamente discussa come un’operazione che ha avuto più a che fare con le relazioni personali che con le effettive competenze politiche. Come è noto, Paolo Zangrillo è il fratello di Alberto Zangrillo, medico di fiducia e grande amico di chi ha fatto la storia in Italia, Silvio Berlusconi.
Quando Berlusconi ha dovuto formare la squadra di governo per Meloni, sembra che la scelta di Paolo Zangrillo sia stata una sorta di favore personale. Questa lettura è stata ampiamente riportata, ed ha generato non poche polemiche, specialmente in Piemonte, dove Paolo Zangrillo era il coordinatore regionale di Forza Italia – sempre paracadutato senza esperienza politica – Un arrivo alla guida di Forza Italia Piemonte, già nel 2018, che aveva scatenato una vera e propria diaspora.

Dirigenti contro Paolo Zangrillo
Molti esponenti storici del partito, quadri e militanti, avevano abbandonarono Forza Italia in segno di protesta contro una nomina che ritenevano imposta dall’alto e priva di una vera base territoriale. Le fonti dell’epoca, come il giornale online “Lo Spiffero“, riportavano di una fronda interna e di forti malumori per la gestione del partito. Questo scontento, mai sopito del tutto, riemerge ad ogni suo incarico, sottolineando una costante: Paolo Zangrillo, almeno nel suo partito, non ha mai goduto di un consenso plebiscitario. Al suo posto di fatto era previsto il navigato e ben apprezzato On Osvaldo Napoli, il quale di fatto si è dimesso per incomprensioni. La nomina a ministro senza portafoglio, quindi non capo di un dicastero autonomo e con pochi poteri, di Paolo Zangrillo, ha rafforzato questa percezione, confermando, per molti, che la politica italiana è un circolo chiuso di favori e riciclo di figure prive di un vero radicamento. Questo accade spesso in Forza Italia.
Una Carriera Costellata di Brevi Incarichi
Un’ulteriore chiave di lettura per decifrare il personaggio di Paolo Zangrillo è la sua carriera manageriale nel privato, che ama esibire come credenziale di professionalità. Nel suo curriculum, infatti, si trovano incarichi in grandi aziende come Magneti Marelli, Fiat Powertrain Technologies, Iveco e Acea. Tuttavia, un’analisi più attenta rivela una certa instabilità nei suoi ruoli. Esaminano le date, si nota che Zangri non ha mai mantenuto a lungo una posizione di vertice. Nel curriculum è stato: Vice President Human Resources in Fiat Powertrain Technologies dal 2005 al 2010, e Senior Vice President Human Resources in Iveco dal 2010 al 2011. Poi, Direttore del Personale e dell’Organizzazione in Acea dal 2011 al 2017.
Un manager di successo, una figura “di spicco” come spesso si definisce, è solitamente una persona che le aziende si contendono e cercano di trattenere, investendo su di lui a lungo termine. Il fatto che Paolo Zangrillo abbia ricoperto posizioni importanti ma per periodi relativamente brevi, solleva un interrogativo: se fosse davvero un bravo manager, perché non ha mai messo radici in una singola azienda, costruendo una carriera più stabile e duratura? In Italia, purtroppo, non è raro che figure con un curriculum manageriale “appena sufficiente” vengano riciclate in politica, dove la meritocrazia a volte sembra un optional. La poltrona di ministro, in questo senso, può essere vista come l’ennesimo approdo temporaneo, l’ultimo anello di una catena di incarichi che si susseguono senza mai fissarsi.
Conclusioni Provvisorie: Oltre l’Episodio, il Sistema
L’episodio di Torino, al di là della cronaca, ci svela un sistema. Un sistema in cui la visibilità mediatica, anche se negativa, è un bene prezioso. In cui le nomine si basano più su legami familiari e amicizie che sulle reali capacità o sul consenso politico. Forza Italia su questo è leader. Un curriculum, per quanto blasonato, deve essere letto con occhio critico, non solo per i ruoli ricoperti, ma anche per la loro durata. Zangrillo, con la sua mossa astuta, ha saputo cogliere l’occasione per emergere dal semi-anonimato del suo ruolo ministeriale. Qualcuno definirebbe in maniera popolana che, non se lo incula nessuno. Ha dimostrato di aver capito che nel mondo della politica moderna, spesso, non conta tanto ciò che si fa, ma ciò che si fa vedere. A giudicare dall’attenzione che ha ricevuto, l’operazione è perfettamente riuscita.
Ma è un successo per lui, od un fallimento per un sistema politico che premia l’esposizione al posto del merito?
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