Ponte sullo Stretto, le critiche dell’ANAC sollevano dubbi sul progetto

Il Ponte sullo Stretto torna al centro del dibattito nazionale. Stavolta non per l’entusiasmo politico o l’impatto simbolico, ma per le ombre sollevate dall’ANAC, l’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Le osservazioni dell’ANAC hanno evidenziato diverse criticità. Scarsa trasparenza, assenza di una gara aggiornata, potere eccessivo al consorzio Webuild. E soprattutto, il rischio concreto di infiltrazioni mafiose.

Via libera dal Cipess, ma restano i dubbi

Nonostante i rilievi, il progetto ha ricevuto il via libera dal Cipess. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile ha approvato il piano, lasciando inascoltate le segnalazioni dell’Autorità.

Una scelta che preoccupa, vista l’enorme portata economica e sociale dell’opera.

Un contratto riattivato, ma senza nuova gara

Il cuore della questione sollevata da ANAC è giuridico. Il decreto legge 35/2023 consente di affidare l’opera al consorzio Eurolink (oggi guidato da Webuild), senza indire una nuova gara.

Ma secondo la Direttiva europea 2014/24/UE, questo non è legittimo. Se un contratto viene ripristinato e il valore supera del 50% l’importo originario, è obbligatorio bandire una nuova gara pubblica.

Il progetto iniziale valeva circa 4,5 miliardi. Oggi si stima che l’opera potrebbe superare i 14,5 miliardi di euro. Ben oltre il limite consentito dalla normativa comunitaria.

Troppo potere a un unico soggetto

Altro punto critico riguarda la concentrazione di potere contrattuale nelle mani di un solo soggetto: il consorzio Webuild.

L’ANAC segnala che questo genera squilibri nel sistema di controllo e gestione del progetto. Si elimina la concorrenza e si espone l’intera filiera a rischi organizzativi e, potenzialmente, anche legali.

Secondo l’Autorità, ciò può favorire tensioni interne tra le aziende del consorzio e, nei casi peggiori, prestare il fianco a pressioni esterne e illecite.

Nessuna visione unitaria del progetto

Il Presidente di ANAC, Giuseppe Busia, ha sollevato anche un’altra preoccupazione: la mancanza di un piano unitario.

L’approvazione “a fasi” del progetto impedisce una visione complessiva. Questo genera incertezza e rende difficile stimare in modo chiaro costi, tempi e responsabilità.

“Il progetto sarà approvato per fasi successive. Ma questo non consente una visione d’insieme”, ha dichiarato Busia a giugno, durante un’audizione parlamentare.

Rischi finanziari a carico dello Stato

Infine, l’ANAC punta il dito contro il modello contrattuale scelto. Tutti i rischi economici e legali ricadono sullo Stato.

In un contratto moderno, il rischio andrebbe condiviso tra pubblico e privato. Ma nel caso del Ponte sullo Stretto, lo Stato si assume ogni onere.

In caso di contenziosi, sarà il settore pubblico a pagare. Se l’opera non dovesse andare in porto, potrebbero essere necessarie ingenti somme per risarcire il consorzio.

Conclusioni: una grande opera senza trasparenza?

Il Ponte sullo Stretto è un progetto ambizioso. Ma la trasparenza e il rispetto delle regole devono restare al primo posto.

Le critiche dell’ANAC non sono ideologiche. Sono tecniche, giuridiche e finanziarie. Ignorarle significa esporsi a rischi enormi, sia economici che reputazionali.

L’Italia ha bisogno di infrastrutture, ma ancora di più ha bisogno di fiducia e legalità.

Il dibattito resta aperto. E le ombre sollevate dall’ANAC meritano risposte chiare.

 

 

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