Dottore Carlo D'Angelo

Dottore Carlo D’Angelo Psicologo Psicoterapeuta: “Quanta bruttezza esiste oggi in giro!”

Dottore Carlo D’Angelo Psicologo, Psicoterapeuta, “e non mi riferisco a visi e corpi delle persone, quanto piuttosto all’incapacità di esprimere il vero senso della realtà, del proprio essere, della propria vocazione.

In virtù di una ormai malattia sociale conclamata, quella del conformismo, persino in ambiente ecclesiastico si assiste al continuo ripudio della vera bellezza della liturgia.

Ripudiare è un verbo ormai fuori dal lessico quotidiano, un’azione antica che in qualche modo non suscita in noi alcuna reazione. Eppure, se facciamo caso al suo significato, all’azione che descrive, ci accorgiamo che siamo davanti ad una forte esperienza di abbandono.

C’è qualcuno che decide di cancellare completamente una relazione in cui una delle parti si è fidata ed affidata all’altro, una scelta radicale che ti pone allo sbaraglio, ti priva di ogni legame, cancella ogni ricordo.

Prima del ripudio c’è stata una promessa, un affidamento, una cura, eppure con questo gesto definitivo e totale è come se un soffio di vento cancelli ogni impronta da una spiaggia.

Così mi accorgo che in molte chiese, luogo in cui vivere un incontro di amore con il Signore, si assiste sempre di più a ridicole messe in scena, degne solo di antiche feste da baraccone.

Invece di mostrare la bellezza della ripresentazione del mistero della Croce di Cristo, si fa di tutto per propinare ai fedeli una brutta rappresentazione, dove il protagonista principale è, guarda caso, proprio il prete.

Ecco il ripudio: sostituire l’azione sacra della Messa, che un sacerdote saggio definirebbe come il sacrificio di Cristo, con tante rappresentazioni che di sacro non hanno proprio nulla, ma che esprimono solo distorte creatività e malati egocentrismi di alcuni celebranti.

Ai fedeli è impedito di vivere l’incontro con Dio, mentre è forzatamente propinata la visione di gesti plateali, l’ascolto di suoni/rumori e parole che farebbero degna presenza nei luoghi a loro preposti, come teatri e circoli ricreativi.

Come credente sento il bisogno di mettere in guardia rispetto alla scelta di essere sacerdoti, dove in principio è la relazione, la cura, la memoria, l’affetto, il legame.

Bisogna ritornare alla sorgente, consapevoli del fatto che può essere anche un’esperienza difficile dove viene richiesta fedeltà e coerenza di vita.

Poiché non è possibile celebrare un’assenza e il vuoto, non si cancelli nulla dalla Pasqua settimanale: rischieremmo di vanificare la nostra stessa esistenza.

I pastori, scelti dal Signore, non dimentichino a Chi essere punto di orientamento ed evitino di essere solo punto di riferimento a sé stessi.

Il peggio sarebbe non solo dimenticare (togliere dalla mente), ma ancor più “scordare”, eliminare dal cuore…e ripudiare”.

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