3 Dicembre 2024 20:10
Transnistria. Giovedi 16 febbraio si è giocata la partita di Conference League tra Sheriff Tiraspol e Partizan Belgrado.
Le autorità moldave, con una decisione improvvisa comunicata due giorni prima rispetto al match, hanno imposto alla Uefa di farla giocare a porte chiuse.
Nella notte tra il 13 ed il 14 febbraio, quando ancora la decisione non era stata ufficialmente resa nota, i primi tifosi serbi arrivati all’aeroporto di Chisinau sono stati respinti e rimandati indietro a proprie spese.
Alcuni sono riusciti a ripartire verso Belgrado, altri hanno trovato una soluzione d’emergenza con un volo per Bucarest.
Un altro gruppo è rimasto in aeroporto, in una zona riservata dell’area transiti, fino a che non è stata
trovata una soluzione di rientro. Tutti gli altri hanno dovuto annullare la trasferta europea.
Secondo le notizie trapelate dai media moldavi,
il SIS ( Servizio di sicurezza e intelligence della Repubblica di Moldova ) avrebbe segnalato il pericolo di infiltrazione di “diversi sabotatori” tra i numerosi supporters serbi in al seguito della squadra di calcio del Partizan.
Agenti interessati a creare situazioni di instabilità in occasione della forte crisi di governo che sta vivendo in questi giorni la Moldova.
Per comprendere meglio l’origine di questa paura e la decisione che ne è scaturita, va ricordato che la squadra dello Sheriff è la compagine di Tiraspol:
capitale della repubblica de facto della Pridnestrovie / Transnistria. Paese non riconosciuto dalla Moldova e dalla quasi totalità della comunità internazionale.
La piccola repubblica transnistriana è legata tradizionalmente, linguisticamente ed economicamente alla Federazione Russa tant’è che in molti pensano alla Pridnestrovie come un “cavallo di Troia” russo nel cuore dell’Europa.
Russia che vanta proprio con la Serbia un’amicizia secolare data anche dal comune credo religioso ortodosso. La Serbia, insieme alla Bosnia-Herzegovina, sono praticamente gli unici stati dell’Europa geografica che non hanno appoggiato le sanzioni alla Federazione Russa.
Dall’inizio delle ostilità su vasta scala in Ucraina,
iniziate nel febbraio 2022, la squadra dello Sheriff è stata costretta, ufficialmente per motivi di sicurezza ma nel concreto come conseguenza sanzionatoria indiretta avverso la Russia, a giocare le sue partite non più in casa nel moderno complesso sportivo di Tiraspol ma nello stadio “Zimbru” di Chisinau.
Non più in Pridnestrovie ma in Moldova quindi.
Con il governo moldavo in forte crisi e numerose proteste di piazza ed a pochi giorni dall’anniversario
dell’inizio del conflitto in Ucraina, la decisione di chiudere ai tifosi una partita di calcio e respingere i cittadini
serbi alle frontiere ha reso ancora più calda la già rovente situazione politica in Europa.
Un forte attrito è sorto anche tra i vertici dello Sheriff, squadra di proprietà dell’omonima multinazionale
operante in diversi settori come quello energetico, petrolifero, automobilistico, della distribuzione
alimentare, appunto calcistico ed in altri ambiti, ed il Governo moldavo.
Giocare a porte chiuse un importante match internazionale aggiunto al già concreto disagio di dover disputare le partite non nel proprio stadio è avvertito come una forte punizione.
Per la cronaca, la squadra “di casa” allenata dall’italiano Roberto Bordin ha poi perso sul campo.
Giungiamo nella Repubblica Moldova in contemporanea con l’arrivo della squadra di Belgrado.
Staff e giocatori del Partizan insieme ai giornalisti accreditati sono gli unici serbi ammessi, il resto dei tifosi ed i “Grobari”, gli ultras, sono stati costretti ad annullare la trasferta.
Impossibilitati anche noi ad assistere al match giocandosi a porte chiuse, saremo quindi indotti dalla situazione a guardare la partita in un locale di Tiraspol in compagnia dei tifosi locali.
Un brutto episodio per il mondo sportivo.
Lo stesso allenatore Bordin ci ha espresso la sua delusione per una situazione che si riflette sul calcio ma che nulla ha a vedere con lo sport.
Nell’imminenza della nostra partenza dall’Italia molti mezzi d’informazione hanno cavalcato l’onda della notizia riferendo di un presunto tentativo di colpo di stato fallito in Moldova.
Azione che in fase operativa sarebbe poi stato supportato dall’esercito russo “acquartierato nelle caserme transnistriane”.
Di depositi di armi e militari pronti a prendere il potere in Pridnestrovie come in Moldova se ne parla oramai da un anno.
Soldati russi e qualche equipaggiamento militare effettivamente in Transnistria ci sono.
Sono quelli appartenenti alla forza d’interposizione a garanzia dello status quo tra la Repubblica Moldava e la Pridnestrovie e presente oramai da circa trenta anni.
Di eventuali altri battaglioni nascosti da mesi e pronti ad uscire per strada non ne abbiamo mai trovato traccia. Neanche in esperienze precedenti. Anche se non è di certo il motivo dei nostri viaggi andare ad investigare in terre straniere.
Di certo, nonostante le notizie negative più che spesso diffuse
ed i pregiudizi che avvolgono questa striscia di terra oltre il fiume Dnestr, non abbiamo mai avvertito atmosfera di allarmismo o pericolo nei nostri precedenti viaggi (il primo avvenuto tredici anni fa) come anche in questo appena terminato.
Anche questa volta infatti la situazione che ritroviamo in Pridnestrovie è sostanzialmente poco cambiata rispetto alla nostra più recente visita della scorsa primavera.
Nel frattempo sono avvenuti un paio di lievi atti terroristici e per questo sono state prese alcune precauzioni di sicurezza in più ma l’atmosfera è sempre calma e piacevole. Nei ristoranti, in strada come nei clubs la sera.
Nella campagna poco fuori Tiraspol un uomo di mezza età ci ferma e senza convenevoli, riconosciutici stranieri, ci chiede diretto i motivi, secondo il nostro punto di vista “occidentale”, della guerra in atto.
Ci scambiamo opinioni e ci saluta chiedendoci di riferire in Italia che il popolo della Transnistria è formato da gente pacifica e non da “orsi cattivi”.
Convivenza pacifica tra russi, moldavi, ucraini ma anche di armeni e bulgari è da sempre alla base dei rapporti sociali che caratterizzano la piccola repubblica sul fiume Dnestr.
Il raggiungimento di una pace duratura nella regione è il desiderio ultimo e l’astio non è un sentimento molto diffuso da queste parti. Registriamo e riportiamo ciò ad ogni nostro viaggio, come detto, anche precedente al febbraio 2022.
Oltre che con Mosca e con Chisinau
forti sono le connessioni tra la Pridnestrovie ed il confinante oblast di Odessa, il cui capoluogo dista neanche 100km da Tiraspol. Interconnessioni familiari, di lavoro, di vacanza al mare congiungono moli cittadini transnistriani a quella parte d’Ucraina.
Anche se spesso, soprattutto da un anno a questa parte, attraversare la frontiera tra controlli più serrati e chiusure risulta il più delle volte lungo e problematico.
Stessi valichi di frontiera che sono utilizzati da ucraini facoltosi che utilizzano poi l’aeroporto di Chisinau per muoversi nell’Unione Europea. O soprattutto agli inizi delle operazioni belliche, da cittadini normali che per allontanarsi dagli echi delle bombe sono stati accolti in Transnistria con aiuti dello stato centrale.
Di certo la situazione economica da queste parti sta accusando la crisi generale europea derivante anche dalla guerra nel Donbass e più in particolare anche dalla crescente emergenza politica e sociale che si sta sviluppando in Moldova negli ultimi mesi. A Chisinau le dimostrazioni di piazza sono frequenti e la crisi di Governo sempre più accentuata con continue dimissioni di ministri in carica.
Le due importanti centrali termoelettriche
ubicate sul territorio della Pridnestrovie, in due differenti punti sul fiume Dnestr, garantiscono una certa continuità ed un prezzo non troppo alto dell’energia elettrica che da qui transita verso la Moldova. Di contro il gas arriva soprattutto dalla Moldova che si rifornisce a sua volta dalla Russia tramite la Romania creando un rincaro di benzina e gas.
Negli ultimi mesi le schermaglie tra i due paesi si giocano proprio sul piano del razionamento del gas e dell’energia elettrica transitanti da una parte verso l’altra e viceversa.
Cittadini locali ed investitori stranieri, che non mancano, Italia compresa, avvertono una certa titubanza nell’operare finanziariamente e commercialmente e questa incertezza nel futuro crea un rallentamento dell’economia locale.
L’attuale decisione di Mosca
di revoca del Decreto che impegnava la Russia a «trovare una soluzione al conflitto transnistriano
che rispetti l’integrità territoriale e la neutralità della Repubblica di Moldavia istituendo uno status speciale per la Transnistria» sembrerebbe dare maggiore labilità alla situazione dell’area.
Vedremo.
Nel frattempo la Repubblica di Pridnestrovie, da molti giudicata il “buco nero d’Europa” risulta in realtà
un paese con un forte fascino naturalistico, storico e culturale per chi impara a conoscerlo e viaggia ovunque senza pregiudizi.