24 Novembre 2024 10:44
Fallimento della Rifle Chiesto rinvio a giudizio per sedici indagati.
Contestata la bancarotta per la Rifle Abbigliamento. Sono in tutto 15 le imputazioni, per lo storico marchio fallito nel 2020. L’udienza preliminare è fissata per il prossimo 27 novembre.
Il fallimento Rifle
La procura della Repubblica di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per sedici indagati. Per il fallimento della srl Verdi, già Rifle e delle collegate Rifle & Co. e G Brand,
La procura contesta agli amministratori i reati di bancarotta “per distrazione, societaria, da operazioni dolose, documentale e preferenziale”, per un totale di 15 imputazioni. Contestato anche il reato fiscale di “sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte”. Alcuni indagati sono accusati come “amministratori di fatto”. È dello scorso aprile invece l’avviso di conclusione delle indagini notificato all’imprenditore Sandro Fratini e al figlio Giulio, che vedeva tra gli indagati altre tredici persone tra cui amministratori e sindaci revisori che si sono succeduti negli anni.
La procura contesta una serie di (presunte) operazioni spericolate alle spalle dell’erario o dei creditori, a partire da quella relativa all’acquisto del ramo di azienda Rifle, oggetto di una sorta di rimpallo fra le varie società. Un’operazione giudicata “priva di giustificazione economica per l’acquirente Verdi s.r.l., che si trovava in stato di crisi dagli inizi 2015 e di insolvenza dal settembre 2015”.
Alcuni aspetti del fallimento Rifle
Tra gli episodi di dissipazione e distrazione contestati ai due Fratini, c’è nel 2015 la vendita dei marchi Rifle, di proprietà Verdi, (dichiarata fallita nel 2020) alla società C.Brand, amministrata da Giulio Fratini “al prezzo incongruo di 2.300.000 di euro”.
“Marchi – si legge nel capo di imputazione – che successivamente la G.Brand concedeva in uso oneroso prima a Verdi e poi a Rifle e che dopo il fallimento di G.Brand nel 2022, venivano venduti a 5 milioni di euro”. Gli amministratori della Rifle avrebbero inoltre provocato il fallimento con “operazioni dolose” consistite “nel sistematico e ripetuto inadempimento del pagamento dei debiti erariali e previdenziali”.
Infine, tra le operazioni contestate dalla procura c’è anche il leasing di una Porsche in uso esclusivo a Giulio Fratini. Per l’accusa, la società era in stato di insolvenza quando Sandro Fratini, amministratore unico della Verdi tra il 2013 e il 2015, Stefano Minucci, presidente del cda dal 2015 al 2017 e il consigliere Paolo Wolfram “distraevano 127 mila euro tra il giugno 2015 e il 2017 per il pagamento del canone dell’auto”, nonostante Giulio Fratini “fosse estraneo all’attività aziendale e privo di collaborazione con la Verdi”.
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