22 Novembre 2024 01:56
Peppino Impastato ucciso dalla mafia, 46° Anniversario
Pantelleria 8 Maggio 2024, domani 9 Maggio 2024, presso via Peppino Impastato, a Pantelleria Centro (zona Castello), alle ore 10:00, verrà commemorato il 46° anniversario dell’omicidio mafioso di Peppino Impastato.
Peppino Impastato
Il coraggio e la determinazione di Peppino Impastato
“In questo giorno speciale, riflettiamo sul coraggio e la determinazione di Peppino nel suo impegno contro la mafia, un sacrificio che rimane indelebile nella storia” – chiosa la Municipalità di Pantelleria.
“Il suo messaggio, “La mafia uccide, il silenzio pure”, continua a risuonare nel cuore di ognuno di noi, ricordandoci che la lotta contro la criminalità organizzata è un dovere che non possiamo ignorare” – (fonte https://www.comunepantelleria.it/46-anniversario-dellomicidio-mafioso-peppino-impastato/9
INTERVISTA DEL NOSTRO EDITORE GIUSEPPE CRISEO AL FRATELLO DI PEPPINO, GIOVANNI IMPASTATO :
Link per vedere la diretta facebook della commemorazione di Pantelleria :
https://www.facebook.com/comunedipantelleria/videos/441350375251761/
Una parte significativa del discorso tenuto durante la commemorazione :
“La vita di Peppino è stata segnata da una ferma determinazione nel denunciare le ingiustizie e gli abusi perpetrati dalla mafia.
Non si è mai piegato di fronte alle minacce e alle intimidazioni, ma ha continuato a parlare pubblicamente contro gli atteggiamenti criminali che affliggevano e affliggono la nostra comunità.
La sua storia ci insegna che non possiamo rimanere in silenzio di fronte alle ingiustizie”.
Biografia di Giuseppe impastato, detto Peppino
Giuseppe Impastato, detto Peppino, nasce il 5 Gennaio del 1948, a Cinisi, in Provincia di Palermo.
Fu giornalista, conduttore radiofonico e attivista italiano, nonché membro di Democrazia proletaria.
Il 9 Maggio del 1978 fu assassinato per mano mafiosa.
La sua lotta contro la Mafia, fu incessante, tante le denunce e le attività culturali che Peppino portò avanti, contro “Cosa nostra”, pagando per questo con la vita.
Il padre di Peppino, Luigi, gli zii e altri parenti, compreso il cognato del padre (Cesare Manzella capomafia del paese), erano mafiosi.
Manzella fu ucciso nel 1963, durante un attentato con una Alfa Romeo Giulietta, imbottita di tritolo,
La madre di Peppino, Felicia Bartolotta, figlia di un impiegato comunale, dopo aver scoperto la connivenza che Luigi e la sua famiglia avevano con la mafia, aveva cercato di non sposarsi, proprio per non imparentarsi con questa famiglia mafiosa.
Dalla loro unione nacque Peppino (primogenito) ed altri due fratelli, entrambi di nome Giovanni, (uno di loro morì a causa della meningite, a soli 3 anni nel 1952, l’altro invece nacque nel 1953).
Peppino fu cacciato di casa dal padre, proprio per la sua lotta contro la mafia.
Peppino ormai scacciato da casa, avvio un’attività politico-culturale antimafia, di sinistra.
Nel 1965 fondò il giornalino “L’Idea socialista”, aderendo anche al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), partito politico italiano attivo tra il 1964 e il 1972.
In seguito partecipò come dirigente alle nuove attività di appartenenza comunista, come Il manifesto, e Lotta Continua.
Partecipò attivamente alle proteste e alle lotte dei disoccupati, dei lavoratori edili, e dei contadini espropriati della loro terra, per lasciare posto alla costruzione della terza pista, facente parte dell’aeroporto di Palermo, (nel territorio di Cinisi).
Nel 1976 fondò il gruppo “Musica e cultura”, fino ad arrivare al 1977 anno in cui nacque, per sua espressa volontà Radio Aut, e radio libera (autofinanziata).
La sua radio divenne il mezzo con il quale Peppino denunciava i crimini, e gli affari gestiti da Cosa Nostra, in particolare dei mafiosi di Cinisi e Terrasini.
Tra le sue menzioni vi era proprio Gaetano Badalamenti, che Peppino chiamava sarcasticamente “Tano Seduto”, successore sempre con il ruolo di capo mafia locale, a Manzella.
Peppino denunciava il ruolo di Badalamenti, nei traffici di droga internazionali, grazie al controllo che questo mafioso esercitava all’interno dell’aeroporto Punta Raisi, di Palermo, .
La trasmissione più seguita, creato da Peppino era “Onda pazza”, un programma con una forte impronta satirica, in cui Peppino derideva mafiosi e politici.
Le minacce
Le minacce e le intimidazioni non fecero desistere Peppino, che al contrario continuò la sua missione, candidandosi, nel 1978 alle elezioni comunali, alla lista di Democrazia Proletaria.
Purtroppo però non fece in tempo, perché il 9 Maggio di quell’anno, proprio su commissione mafiosa della famiglia Badalamenti, venne ucciso, prima tramortito con un sasso, ancora sporco di sangue, trovato a pochi metri di distanza dal suo corpo, posto sui binari della ferrovia del tratto Palermo-Trapani, a cui sotto avevano sistemato, una carica di tritolo.
Gli elettori simbolicamente votarono lo stesso Peppino, che risultò il candidato più votato di Cinisi.
Vergognose le affermazioni di alcuni giornali dell’epoca, eppure delle forze dell’ordine : dapprima sostennero, che era stato proprio Peppino ad architettare un attentato, in cui egli stesso sarebbe rimasto vittima, per i suoi personali propositi suicidi, ma tutto l’impianto accusatorio fu smentito, grazie ad una lettera che Peppino aveva lasciato a casa della zia, in cui non rivelava affatto intenzioni suicida, ma ben altro, e soprattutto all’egregio lavoro svolto dal fratello Giovanni e dalla mamma di Peppino, Felicia.
Nella stessa giornata del ritrovamento del corpo di Peppino, poche ore dopo, venne ritrovato anche il corpo di Aldo Moro presidente del partito Democrazia Cristiana, ucciso per mano delle Brigate Rosse.
A Cinisi sull’epitaffio inciso nella tomba di Peppino, si legge : “Rivoluzionario e militante comunista – Assassinato dalla mafia democristiana”.
L’assassinio di Peppino venne disvelato grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia, eppure per mezzo di Umberto Santino e dalla moglie Anna Puglisi, compagni di partito di Impastato.
Grazie alle loro documentazioni, eppure alle loro denunce venne riaperta l’inchiesta giudiziaria.
Solo a Maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla stregua delle indicazioni lasciate del Giudice consigliere istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia, poi assassinato anche lui a Luglio del 1983, sostituito dal giudice Antonino Caponnetto, con una sentenza, venne riconosciuto che il delitto di Peppino, era di matrice mafiosa, attribuito ad ignoti però.