21 Novembre 2024 15:00
Azienda americana vuole riportare in vita i mammut lanosi. Che i mammut lanosi, specie estinta 4000 anni fa, rimettano piede sul suolo artico è la sfida che l’azienda americana Colossal, lanciata lunedì, sta cercando di raccogliere con l’ausilio di tecniche di manipolazione genetica.
“Colossal lancerà un modello pratico ed efficiente di de-estinzione e sarà la prima azienda ad applicare tecniche avanzate di modificazione genetica per reintegrare il mammut lanoso nella tundra artica”, ha affermato la società in una nota. Creato dall’imprenditore Ben Lamm e dal genetista George Church, Colossal intende inserire sequenze di DNA di mammut lanosi, raccolte da resti conservati nel suolo siberiano, nel genoma degli elefanti asiatici, al fine di creare una specie ibrida. Gli elefanti asiatici e i mammut lanosi hanno il 99,6% di DNA simile, sottolinea Colossal sul suo sito web. La creazione di questi pachidermi ibridi e quindi la loro reintroduzione nella tundra dovrebbe consentire “di ripristinare ecosistemi scomparsi che potrebbero aiutare a fermare o addirittura invertire gli effetti del cambiamento climatico”, assicura l’azienda. I mammut lanosi geneticamente modificati potrebbero in particolare “dare nuova vita alle praterie artiche”, che consentono di catturare l’anidride carbonica e rimuovere il metano, due gas serra, secondo Colossal. L’azienda biotech è riuscita a raccogliere 15 milioni di dollari in fondi privati per raggiungere questo obiettivo, accolto con scetticismo da alcuni esperti. “Ci sono molti problemi che sorgeranno in questo processo”, ha detto la biologa Beth Shapiro al New York Times. “Non è una de-estinzione. Non ci saranno mai più i mammut sulla terra. Se funziona, sarà un elefante chimerico, un organismo completamente nuovo, sintetico e geneticamente modificato”, ha twittato Tori Herridge, biologa e paleontologa del London Museum of Natural History. La de-estinzione, il concetto di creare un animale simile a una specie estinta usando la genetica, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, non è unanime nella comunità scientifica, con alcuni ricercatori che dubitano della sua fattibilità o si preoccupano dei rischi della sua applicazione.