Guerra in Ucraina

LA VERITÀ sulla questione Ucraina e l’invasione della RUSSIA.

Con la caduta dell’URSS gli USA si erano impegnati a non fare entrare nella NATO gli Stati limitrofi alla Russia. Come si può notare dall’immagine dell’articolo, lo stato di fatto odierno è particolarmente cambiato rispetto gli accordi.

Nel confine tra la Russia e l’Europa, dovevano esserci le nazioni “cuscinetto” per permettere la fine della guerra fredda. Peccato che nel tempo, tali nazioni sono entrate nella NATO e nella UE non rispettando le intese ad eccezione della Bielorussia e della Ucraina.

Nel 2014 Putin si è preso la Crimea cercando di far capire che almeno l’Ucraina avendo forti presenze russe, avrebbero dovuto lasciarla stare. Ma gli USA vogliono mettere mani sui gasdotti e la UE silenziosa è stata solo in grado di lamentele frignanti.

La Russia di Putin è una nazione solitamente precisa nei patti ed ha sempre lasciato perdere per il quieto vivere fino a quando l’America ha infastidito provocando e facendo insospettire l’interesse anche per l’Ucraina.

A questo punto non vi è altra via d’uscita; pertanto Putin inizia ad avvisare più volte indicando di smetterla di aprire succursali NATO come fossero i Mac Donald nel mondo pertanto precisando che non stanno mantenendo i patti alle intese.

Gli USA fanno passare mediaticamente Putin per il cattivo.

E’ chiaro che la guerra non sia MAI una attività comportamentale logica, e che spesso si fanno anche per smaltire armi e far girare la speculazione economica, ma Putin ad oggi non ha tutti i torti a far sentire la sua presenza. Non è nemmeno vero il messaggio che passa nei telegiornali, dove viene additato come un matto imprevedibile, perché ha avvisato più e più volte.

L’informazione che si apprende da anni nella vicina Romania piuttosto che in Moldavia ed altri paesi, è che la guerra fredda in Ucraina è presente da ben 8 anni, dove muore la gente ed ora sembra che le malefatte siano di Putin.

Ora purtroppo sono missili amari, ma per quanto ribadendo che la guerra non sia mai una azione da intraprendere, è altrettando comprensibile che la Russia si sia stancata da nazione ingannata con le lunghe menzogne

Una delle risposte sta nel fatto che molti cittadini dell’Ucraina stanno scappando in Russia. Ma se il nemico che invade fosse così crudele ed ingiusto, perchè andare nella bocca del leone ?

Le dichiarazioni di BIDEN

Come purtroppo è solito dei partiti democratici in generale, si tende con la menzogna a deviare la verità – Ieri Biden ha dichiarato che sono allo studio forti sanzioni, peccato che non le ha messe in atto. Motivo ? Dovrà render conto ai partener europei.

Troppi intrecci di interessi e partecipazioni tra grandi gruppi internazionali e Russia. Ad esempio le nostre banche italiane hanno un’esposizione verso Mosca per 25 miliardi. La società di olii e carburanti Shell, è socia di Gazprom in diversi progetti. Renault, Volkswagen e Stellantis producono e vendono anche in Russia. Così come Danone, Nivea, Carlsberg etc. Complessivamente l’interscambio commerciale russo verso il resto del mondo vale 785 miliardi di dollari, pertanto per ora la linea nei confronti della Russia rimarrà morbida. Ovvio saranno duri solo nelle chiacchiere delle dichiarazioni stampa, ma non nei fatti.

Scenario rispetto le dichiarazioni di BERLINO

Berlino ha già annunciato il pacchetto comprenderà le misure più dure sinora programmate. In questo scenario è verosimile mettere in conto anche un effetto boomerang che ricadrebbe su molte aziende, per lo più europee. Per quanto riguarda l’Italia le imprese potenzialmente più esposte sembrano essere Stellantis e le banche Intesa Sanpaolo e Unicredit (che infatti oggi sprofondano entrambe in borsa).

Intesa Sanpaolo è presente in Russia da quasi 50 anni e gestisce circa la metà delle transazioni relativi ai traffici commerciali con l’Italia. L’amministratore delegato Carlo Messina è stato insignito da Vladimir Putin con l’ “Ordine dell’amicizia”. Nel complesso le banche italiane hanno un’esposizione verso Mosca stimata dalla Banca per i regolamenti internazionale in 25 miliardi di dollari. Una cifra analoga fa capo alle banche francesi, in particolare Société Générale che opera in Russia attraverso la controllata Rosbank con 350 sportelli e 3 milioni di clienti. . Significativa anche l’esposizione austriaca, 17 miliardi di dollari, riconducibili principalmente alla Raiffeisen Bank che nel 2021 ha realizzato in Russi il 39% dei suoi profitti.

Il gruppo bancario francese sarebbe stato approcciato dai colossi finanziari statunitensi per continuare ad operare in Russia qualora Mosca dovesse essere tagliata fuori da Swift (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication) ovvero la rete che collega la banche di tutto il mondo e attraverso cui vengono gestite la transazioni. Société Générale ha affermato che “potrebbe essere una delle poche banche mondiali in grado di effettuare transazioni con il resto del mondo” ma non ha voluto commentare la notizia dell’interessamento dei big Usa. Tra questi Goldman Sachs e Citigroup hanno importanti operazioni in Russia. Nel complesso le banche statunitensi sono esposte per 14 miliardi di dollari. L’esclusione di Swift sarebbe molto sgradita anche alla Cina che utilizza per lo più dollari nei suoi scambi con Mosca.

Energia e materie prime

Non solo la Russia dispone delle più grandi riserve di gas al mondo ma è una grande esportatrice di materie prime come palladio (il 40% di quello consumato in Europa), titanio e vanadio (usato nella siderurgia). È inoltre un forte produttore di alluminio. L’impatto più immediato potrebbe riguardare il colosso Airbus, grande utilizzatore di alcune di questi materiali, che rivaleggia con la statunitense Boeing per la leadership globale del settore aereo. La società, partecipata anche dai governi tedesco, francese e spagnolo, ha comunque già detto che si adeguerà a qualsiasi disposizione in materia di sanzioni.

I soggetti europei e statunitensi coinvolti sono molti. British Petroleum possiede circa il 20% della compagnia petrolifera russa Rosneft. La britannica Shell ha investito nel gasdotto Nord Stream 2, ora temporaneamente congelato da Berlino, ed è socia al 27,5% del gigantesco progetto di Gazprom Sakhalin-2 per l’estrazione di gas offshore nel mare di Okhotsk, a nord del Giappone. La svizzera (quotata a Londra) Glencore possiede il 9% di Rusal (il più grande produttore al mondo di alluminio). E nel paese operano altri grandi trader di commodities tra cui l’olandese Vitol. In Russia è presente da decenni anche la statunitense Exxon che alcune partnership con due controllate di Rosneft. L’italiana Eni ha una partecipazione del 50% nel gasdotto Blue Stream che rifornisce la Turchia realizzato insieme a Gazprom.

Russia ed Ucraina sono mercati con un peso significativo anche per la francese Danone e la tedesca Nivea. Volkswagen e Stellantis hanno invece impianti a Kaluga, area a sud di Mosca divenuta centro dell’industria automobilistica russa.

Complessivamente l’interscambio commerciale russo verso il resto del mondo vale 785 miliardi di dollari. Le esportazioni valgono 492 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono state pari nel 2021 a 293 miliardi di dollari. Lo rileva l’analisi della Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo in un report sul commercio russo. La sola Italia vende alla Russia prodotti per un valore di circa 8 miliardi di euro e ne compra per 9 miliardi.

 

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