La China è vicina? 

“La China è vicina” è il titolo di un film del 1967 di Marco Bellocchio che evidenzia i timori “occidentali” verso l’espansione della potenza cinese (allora maoista e comunista).

La China è oggi la seconda nazione mondiale per popolazione (recentemente superata dall’India) e per PIL (dopo di USA). Il suo sviluppo si è dipanato a partire dal 1999 quando fu ammessa al WTO (World Trade Organization) e si aprì al commercio mondiale e all’interazione con gli altri Stati.

Cina. Il suo sviluppo si è particolarmente concentrato sull’Africa e sul Sud America. Diversa è la sua posizione in Asia dove si deve confrontare con Giappone e Korea del Sud (paesi dalla forte impronta capitalistica) e con l’India che negli ultimi anni ha accentuato le sue capacità internazionali ancora inespresse.

Cina. Nel suo perimetro ha però acquisito la posizione in Hong Kong (fino al 1999 protettorato inglese), a Macao e Timor Est (ex colonie portoghesi) e nel Tibet (regione autonoma che ha però ruolo prevalentemente religioso e non economico). Resta il problema critico di Taiwan, isola di nome e di fatto, difficilmente risolvibile per motivi strategici ed economici. 

Il suo saggio di sviluppo si è recentemente rallentato dopo la esplosione nella prima parte del secolo. Di fatto vive un rallentamento normale delle percentuali (è facile crescerle partendo da valori bassi e si riducono man mano che il reddito e la ricchezza aumentano).

Cina. Il commercio internazionale è ben vivo, ma esprime un saldo condizionato dalla sua potenza nelle materie prime, dalla sua capacità industriale, forte nelle esportazioni di beni di basso valore economico, condizionante in alcune materie prime e dominante in alcune produzioni tecnologiche indispensabili per la vita ordinaria della popolazione internazionale attuale e futura. Il suo potere economico è fortissimo in alcuni semilavorati (taluni dei quali in concorrenza proprio con Taiwan, oltre che, naturalmente con gli Stati Uniti). 

Vive una condizione critica nel settore immobiliare, laddove si sono verificati alcuni fallimenti importanti che ne frenano la futura dinamica, ingessando ingenti capitali. Essi impattano sulle banche finanziatrici e limitano lo sviluppo dei settori notoriamente trainati da quello immobiliare. Un potenziale fattore di crisi finanziaria e di recessione economica e, forse, di deflazione.

Il sistema bancario è enorme per dimensione delle sue banche maggiori, ma non altrettanto nella competizione con le banche di altri Paesi. In Europa e in Italia sono attive Bank of China e International Bank of China, ma la loro azione è condizionata dalla capacità relazionale internazionale e dal forte vincolo dell’operare prevalentemente nei rapporti dei Paesi UE con la China e viceversa. Hanno difficoltà nel corrispondere ai parametri dell’Accordo di Basilea e nel rispettare la normativa antiriciclaggio, per la quale hanno un gap rilevante fra gli obblighi all’estero e il suo funzionamento all’interno della China. Le Banche cinesi sono soggette ad un forte controllo da parte della People Bank of China (la Banca Centrale), che di fatto ordina alle banche i movimenti e le azioni da intraprendere; a sua volta essa è sottoposta al controllo politico (condizione non concepibile nel nostro contesto).

Il suo mercato dei capitali è molto particolare; la Borsa di Hong Kong è caratterizzata dalla negoziazione in quella piazza delle azioni di molte società internazionali. La Borsa di Shanghai quota imprese cinesi con titoli negoziabili anche da operatori internazionali. La Borsa di Shenzhen invece opera su titoli cinesi per i quali non è possibile la negoziazione diretta per operatori non cinesi. Una struttura anomala per i nostri standard. A parte questi mercati regolamentati la China è peraltro molto attiva nello Shadow Banking (il complesso degli scambi di flussi finanziari estranei alle regole del Financial Stability Board) e nel segmento delle monete virtuali (le cryptoasset), dove la regolamentazione in atto a livello internazionale convive con la diffusa presenza di mercati imperfetti e densi di rischi della più varia natura.

Infine, in Africa la China sviluppa una moderna azione “colonialista” che raccoglie attenzione in alcune nazioni ove la presenza cinese è condizionante fino al caso dello Zimbabwe ove la moneta locale (il dollaro zimbabwiano) è stata sostituita dallo Yuan (il renminbi). La moneta non è convertibile per scelta nazionale, ma ha una sua importante circolazione internazionale. Sotto il profilo teorico ed istituzionale un’anomalia che corrisponde alla forte incidenza delle scelte politiche sulla politica monetaria, in contrasto con l’autonomia costituzionale e statutaria tipica di tutti i principali Paesi mondiali. Attualmente il cambio con l’euro è 7,69 (o 0,13 se lo si calcola nella nostra ottica). Essendo non convertibile (o meglio, avendo una convertibilità politica e non di mercato) non corrisponde all’effettivo valore (che non esiste ufficialmente).

Questo rende complesso per tutti gli operatori valutare la convenienza o meno nel posizionare titoli cinesi obbligazionari (molto numerosi ed in aumento) nei portafogli degli investitori istituzionali. Le recenti misure adottate “politicamente” nel mese di settembre hanno destato interesse per i gestori internazionali che, dopo un periodo di assenza nelle transazioni, hanno incrementato le loro posizioni, valutando positivamente l’impatto che le nuove misure potrebbero avere sull’economia cinese. Questo ha anche avuto effetti sulle quotazioni azionarie (al contrario fortemente al ribasso nei mesi precedenti). Un rimbalzo, peraltro, molto cospicuo che non gioca a favore della stabilità dell’economia cinese e della sua crescita, non solo di breve termine, nei portafogli dei maggiori asset manager. Non è compatibile con le sue dimensioni potenziali l’assumere quasi la veste di un investimento speculativo, variando il peso percentuale da valori marginali a eccessi di presenza. Per molti gestori e per gli indici di Borsa si è passati dall’indifferenza alla frenesia sia per volumi transati sia per movimenti al rialzo dei valori.

E’ pertanto difficile esporre paragoni e confronti. La China utilizza il suo potere per rispettare solo le regole che ritiene più utili per sé e non partecipa a molti consessi ormai istituzionalizzati. 

Questa nota commenta  un intervento del Governo che ha visto il coinvolgimento non solo della People Bank of China (con il ribasso dei tassi d’interesse), ma anche di massicce misure fiscaliIl Governo ha messo in atto una strategia a tutto campo per riaccendere l’economia: abbassamento del coefficiente di riserva obbligatoria, riduzione dei principali tassi di interesse e l’annuncio di una nuova ondata di spesa pubblica che prevede un’emissione obbligazionaria pari a quasi la metà delle misure adottate durante la Grande Crisi Finanziaria.

Non a caso, la Banca Popolare Cinese ha annunciato nuove misure per favorire il settore immobiliare, “ordinando” alle banche di abbassare i tassi sui mutui casa esistenti entro il 31 ottobre. A questo scenario si aggiungono gli ultimi dati PMI (purchase managers index), che hanno fornito un ulteriore motivo di ottimismo: l’attività manifatturiera cinese si è contratta meno del previsto a settembre, mentre il settore dei servizi è rimasto sostanzialmente stabile. 

La China è vicina alle nostre realtà oppure gestisce al meglio la sua eccentricità rispetto ai vincoli e alle incertezze dei Paesi competitori? Si sta avvitando su sé stessa o è destinata a rendersi il polo centrale del mondo futuro?

ALLEGATI

1 LIVELLI DEI TASSI D’INTERESSE DI BASE DELLE BANCHE CENTRALI

(dati aggiornati al 30 settembre)

 

Classifica Banca Sigla Tasso

  • 5 Banca Centrale Europea BCE 3,65  
  • 9 Federal Reserve Board FED 4,75 – 5,00
  • 8 Bank of England BOE 5,00
  • 1 Bank of Japan BOJ 0,25 
  • 2 Banca Nazionale Svizzera BNS 1,00
  • 3 Bank of China PBOC 3,35
  • 11 Banca Federazione Russa FNR 18,00 
  • 7 Bank of Canada BoCa 4,5
  • 10 Bank of India BOI 6,5
  • 4 Bank of Denmark BoDNK 3,50
  • 6 Bank of Australia BAUSL 4,35

 

TASSI DI VARIAZIONE DEL P.I.L. IN CHINA NEGLI ANNI DEL GRANDE SVILUPPO

 

SURPLUS COMMERCIALE DELLA CHINA PRIMA DEL COVID

GIUSEPPE G. SANTORSOLA
Professore Ordinario di Asset Management,
Corporate Finance e Corporate & Investment Banking.
Università Parthenope di Napoli
[email protected]

335 5696351
@GiuseppeGSantor

Università degli Studi di Napoli

Parthenope

Dipartimento di Eccellenza di

Studi Aziendali e Quantitativi

 

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