10 Ottobre 2024 21:29
Reggio Calabria. Omicidio di Giuseppe Cartisano, si è arrivati alla fine del percorso giudiziario
Difeso dagli avvocati Gianfranco Giunta a Giancarlo Murolo
Zappia è storicamente indicato dai pentiti come uno dei principali killer della seconda guerra di mafia che insanguinò la città dello Stretto tra il 1985 ed il 1991. (ANSA).
Le faide, gli scontri e gli omicidi di ndrangheta, tra il 1985 ed il 1991.
Il boss vicino a De Stefano, Carmelo Cannizzaro fu ucciso come risposta a quello di Cartisano. Scontro con altre conseguenze:
Luciano Pellicanò, fu ucciso, mentre Zappia rimase ferito lasciando tracce sull’asfalto.
Le tracce ematiche sono state conservate ed esaminate, fondamentali per la Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.
Cos’è stata la seconda guerra di ‘ndrangheta?
Scontri che portarono a seicento morti a causa della lotta per il potere tra tantissime ndrine che cercavano di prevalere l’una sull’altra, ammazzando i vecchi referenti.
L’inizio della guerra a Reggio Calabria
Lo scontro iniziale fu tra gli Imerti e i De Stefano perché i De Stefano volevano espandere il loro potere fino a Villa San Giovanni territorio degli Imerti.
Le alleanze e le divisioni
Con gli Imerti si schierano i Condello, i Saraceno, i Fontana, i Rosmini, i Lo Giudice e i Serraino, per i De Stefano capeggiati ora da Orazio, fratello di Paolo ci sono i Libri, i Tegano[6], i Latella, i Barreca, i Paviglianiti e gli Zito. Per rinsaldare il legame con i Tegano Orazio il 2 dicembre 1985 sposò la nipote di Giovanni Tegano, Antonietta Benestare.
Nel gennaio 1988 vengono arrestati i fratelli Paolo e Domenico Condello autori dell’omicidio di Paolo De Stefano.
La tregua dopo 621 morti nel 1991.
Antonino Mammoliti fu il garante per gli Imerti, mentre Antonio Nirta per i De Stefano, e Domenico Alvaro, capo della locale di Sinopoli faceva da terzo mediatore.
L’evento della pax coinvolse anche la Mafia sicula, Cosa Nostra, con Leoluca Bagarella.
La soluzione, una commissione interprovinciale per coordinare e superare le divisioni locali venne coinvolto anche Salvatore Riina.
Il boss corleonese si recò in Calabria vestito da prete e venne ospitato a casa sua dal boss di Africo Giuseppe Morabito, detto u tiradrittu.